Stando a quanto emerge dalla ricerca, il metodo utilizzato riusciva persino ad aggirare le difese degli utenti, come l'uso della modalità di navigazione in incognito o la cancellazione dei cookie. La procedura era semplice: finché un utente era connesso alle app di Facebook o Instagram sul proprio dispositivo, la sua cronologia di navigazione su siti esterni poteva essere collegata direttamente al suo account, permettendo a Meta di fornire pubblicità ancora più mirata. La tecnica sfruttava il Meta Pixel, uno strumento di tracciamento installato su milioni di siti web.
Le app Android di Meta erano in grado di dialogare con il browser tramite socket localhost, sfruttando una funzionalità di Android che permette alle app di eseguire un server per lo scambio di file. In questo modo, le app potevano estrarre metadati, cookie e comandi dal Pixel presente sui siti visitati, de-anonimizzando di fatto la navigazione. Uno dei ricercatori, Gunes Acar, ha sottolineato che Meta "non ha mai comunicato questa pratica, né agli utenti né ai proprietari dei siti web".
Google ha reagito duramente, definendo il metodo una lampante violazione delle proprie policy di sicurezza e privacy e annunciando un futuro aggiornamento per Chrome volto a impedire questa pratica. Le app sul Play Store devono rispettare le regole di Google, e Meta, che ha parlato di un fraintendimento nell'applicazione delle policy di Google, è ora in discussione con l'azienda di Mountain View.