Microsoft ha licenziato altri due dipendenti che avevano preso parte alle recenti proteste contro i contratti dell'azienda con l'esercito e il governo israeliano. Si tratta di Nisreen Jaradat e Julius Shan, il cui allontanamento è stato motivato come “in connessione” con le manifestazioni che hanno portato alcuni attivisti a organizzare accampamenti nella sede centrale della società. La notizia è stata confermata da Hossam Nasr, uno degli organizzatori del collettivo No Azure for Apartheid.
L'episodio arriva a poche ore di distanza da un altro licenziamento, che aveva riguardato due dipendenti coinvolti nell'irruzione in un edificio del campus Microsoft e nella successiva diretta streaming all'interno dell'ufficio di Brad Smith, presidente dell'azienda. Jaradat, già nota per aver inviato in passato una email collettiva ai colleghi in cui affermava di essere “stanca” del trattamento riservatole come dipendente palestinese, aveva superato i filtri linguistici imposti da Microsoft sulle comunicazioni interne riguardanti Palestina e Gaza.
Il collettivo, che da mesi contesta pubblicamente i rapporti tra Microsoft e le istituzioni israeliane, ha intensificato le proprie iniziative nel corso del 2024. In primavera ha interrotto più volte presentazioni in live streaming dei dirigenti, mentre nelle scorse settimane ha tentato di occupare una piazza del quartier generale a Redmond. Allontanati dalle forze di sicurezza, gli attivisti erano tornati il giorno successivo con tende e tavoli, imbrattando con vernice rossa un'insegna dell'azienda: in quell'occasione erano state arrestate 18 persone.
Il ritorno dei manifestanti nei gironi scorsi, culminato con la presenza nell'ufficio di Brad Smith, ha rappresentato il momento più eclatante della mobilitazione. A seguito dell'episodio, Smith ha convocato una conferenza stampa in cui ha dichiarato che Microsoft “lavora ogni giorno” per verificare eventuali usi impropri della piattaforma cloud Azure in Israele, ma ha giudicato le modalità di protesta dei dipendenti come “non accettabili”.
Nonostante l'attenzione mediatica suscitata dalla vicenda, l'azienda non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali attribuibili a propri portavoce. Stando a quanto riportato da The Verge, la linea adottata finora appare improntata alla fermezza nei confronti di chi partecipa alle proteste interne, in un contesto in cui le contestazioni contro le collaborazioni con Israele sembrano destinate a proseguire.