Microsoft respinge accuse sull’uso dell’AI a Gaza, ma le proteste continuano

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HDblog.it May 17, 2025 · 2 mins read
Microsoft respinge accuse sull’uso dell’AI a Gaza, ma le proteste continuano
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Microsoft ha dichiarato pubblicamente di non aver trovato prove che la propria tecnologia cloud e AI sia stata utilizzata per danneggiare civili palestinesi a Gaza. L’annuncio è arrivato a seguito di una crescente pressione da parte di dipendenti ed ex dipendenti dell’azienda, che chiedono da mesi la fine dei rapporti contrattuali con il Ministero della Difesa israeliano. La multinazionale ha spiegato di aver avviato un’indagine interna, supportata anche da una revisione indipendente esterna, ma i risultati diffusi non hanno convinto i contestatori, né hanno dissipato le critiche sul ruolo della tecnologia nei conflitti armati.

Il caso è esploso dopo che due ex dipendenti hanno interrotto l’evento per il 50° anniversario dell’azienda, contestando in pubblico il CEO dell’AI di Microsoft, Mustafa Suleyman, e successivamente anche Bill Gates e Satya Nadella. Una delle attiviste, Ibtihal Aboussad, ha gridato contro l’uso dell’intelligenza artificiale in quello che ha definito un genocidio in corso, prima di essere allontanata e licenziata. L’altro protestante, Vaniya Agrawal, è stato allontanato poco dopo aver presentato le dimissioni. Entrambi sono parte del gruppo "No Azure for Apartheid", una rete di attivisti interni ed esterni all’azienda, che chiede la cessazione della fornitura di servizi tecnologici a Israele.

Microsoft ha precisato che la sua collaborazione con il Ministero della Difesa israeliano è di tipo commerciale standard, e che non ha rilevato violazioni delle proprie linee guida etiche sull’uso dell’AI. Tuttavia, la stessa azienda ammette di non avere piena visibilità sull’uso che i clienti fanno dei software installati su server o dispositivi autonomi, rendendo quindi la revisione parziale per definizione.

Nonostante la presa di posizione ufficiale, il gruppo No Azure for Apartheid ha replicato sottolineando le contraddizioni nel comunicato di Microsoft. Il portavoce Hossam Nasr ha dichiarato che l’azienda, pur dichiarando la non responsabilità nei danni subiti dai civili palestinesi, ammette implicitamente di non poter verificare come le sue tecnologie vengano effettivamente impiegate. Nasr ha anche evidenziato che, a differenza del caso russo-ucraino in cui Microsoft ha sospeso le vendite a Mosca, con Israele l’azienda ha mantenuto operativi i contratti, nonostante la gravità delle accuse internazionali verso Tel Aviv.

Le critiche sono alimentate anche da inchieste giornalistiche, come quelle di The Guardian e Associated Press, secondo cui l’esercito israeliano avrebbe ampliato l’uso di strumenti AI — inclusi quelli sviluppati con OpenAI e basati su Azure — per la raccolta massiva di dati, la trascrizione automatica di conversazioni e l’analisi linguistica di messaggi e telefonate. Documenti trapelati suggeriscono che Microsoft avrebbe fornito circa 19.000 ore di consulenze tecniche all’apparato militare israeliano, per un valore complessivo stimato intorno ai 9,2 milioni di euro.

Nel suo blog ufficiale, Microsoft ha anche cercato di distinguere il proprio ruolo da quello di fornitori specializzati in software militare, sostenendo di non aver mai sviluppato né consegnato strumenti destinati a operazioni di sorveglianza o targeting. Ma secondo i critici, questa posizione non basta: il solo fatto di vendere tecnologie a eserciti coinvolti in gravi crisi umanitarie rappresenterebbe, secondo loro, una forma di complicità etica.

Un altro aspetto controverso, evidenziato ancora da Nasr, è l’assenza della parola “Palestina” o riferimenti diretti al popolo palestinese nel comunicato aziendale, un dettaglio che secondo lui riflette chiaramente le priorità e gli orientamenti commerciali di Microsoft.