Un gruppo di ricercatori dell’Università Lehigh, in Pennsylvania, ha avviato un progetto che sembra uscito da un romanzo di fantascienza: coltivare mini-cervelli in laboratorio per studiare come le reti neuronali umane elaborano le informazioni e applicare quei principi anuove forme di intelligenza artificiale più rapide ed economiche in termini di consumo energetico. L’iniziativa, guidata dal professore Yevgeny Berdichevsky, ha ottenuto un finanziamento da 2 milioni di dollari dalla National Science Foundation, nell’ambito del programma Emerging Frontiers in Research and Innovation.
Il cervello umano riesce a gestire miliardi di operazioni consumando l’energia di una lampadina domestica da circa 20 watt: un’efficienza inarrivabile per i supercomputer e i data center che alimentano l’AI di oggi, il cui impatto sui consumi elettrici è in forte crescita. Per questo gli scienziati vogliono capire se piccoli organoidi cerebrali – strutture tridimensionali di pochi millimetri ricavate da cellule adulte – possano essere utilizzati come modelli biologici per decifrare i meccanismi alla base di tale efficienza.
La sfida principale è passare da una connessione casuale dei neuroni, tipica degli organoidi, a una disposizione più ordinata, simile alla corteccia umana.
A questo lavorerà Lesley Chow, docente di bioingegneria dei materiali, che utilizzerà scaffold stampati in 3D per posizionare le cellule nei punti giusti. L’idea è inserire piccoli agglomerati neuronali in apposite “sedi” della struttura, sovrapporre vari strati e creare così un organoide costruito dal basso verso l’alto, pronto a rispondere a stimoli visivi sotto forma di impulsi luminosi. I neuroni, modificati per emettere luce quando si attivano, potranno essere osservati in tempo reale durante l’elaborazione dei dati.
Gli esperimenti cercheranno di capire se questi mini-cervelli siano in grado di riconoscere schemi come movimento, direzione e velocità, competenze cruciali per applicazioni AI legate, per esempio, ai sistemi di guida autonoma. Le risposte delle cellule saranno tradotte in dati interpretabili grazie ad algoritmi sviluppati in parallelo, capaci di decodificare l’attività neuronale.
Il progetto non trascura la questione etica: gli organoidi saranno mantenuti troppo piccoli e primitivi per sviluppare qualsiasi forma di coscienza. L’obiettivo non è infatti creare intelligenze biologiche, ma ispirarsi ai principi del cervello umano per superare i limiti dell’AI tradizionale, oggi vincolata da enormi consumi di elettricità e da un’efficienza ancora lontana da quella naturale.
Berdichevsky sottolinea come la ricerca sia possibile solo grazie a un approccio multidisciplinare che unisce neuroscienze, bioingegneria, informatica e persino filosofia. Se riuscirà, il passo successivo sarà usare questi modelli biologici come “palestra” per allenare algoritmi di nuova generazione, aprendo la strada a sistemi artificiali più performanti e sostenibili.