Una nuova missione spaziale potrebbe svelare se, sotto i ghiacci di Plutone, si nasconde ancora un oceano liquido. L’idea nasce dal successo della sonda New Horizons, che nel 2015 ci ha mostrato un mondo sorprendentemente complesso: pianure di ghiaccio, montagne e una tenue atmosfera, indizi che fanno pensare a un passato – e forse a un presente – più attivo del previsto.
A distanza di dieci anni da quel sorvolo, un gruppo di scienziati guidati da Carly Howett, dell’Università di Oxford, ha proposto di tornare ai confini del Sistema solare con una missione battezzata Persephone, in onore della regina dell’oltretomba della mitologia greca e sposa di Plutone. L’obiettivo principale: verificare se nel cuore del pianeta nano esiste ancora un oceano sotterraneo.
Prima del passaggio di New Horizons, l’ipotesi era considerata poco probabile: gli oceani interni dei mondi ghiacciati, in genere, tendono a congelarsi con il passare di miliardi di anni. Ma la superficie giovane e poco craterizzata osservata nel 2015 ha cambiato prospettiva. Persephone, a differenza della missione del 2015 che ha avuto solo poche ore di osservazioni ravvicinate, resterebbe in orbita attorno a Plutone per oltre tre anni, mappandone l’intero globo, comprese le aree in ombra durante il flyby di New Horizons.
Il veicolo spaziale, dotato di 11 strumenti derivati da missioni precedenti ma aggiornati, cercherebbe segni di un “rigonfiamento fossile” nella forma del pianeta, indice di strati liquidi nel passato o nel presente. Analizzerebbe anche composizione e spessore delle calotte ghiacciate, eventuali sorgenti di calore e possibili eruzioni criovulcaniche. La missione non trascurerebbe Charon, la grande luna di Plutone, né le altre quattro lune minori, da Nix a Hydra, passando per Styx e Kerberos.
Il viaggio, però, non sarebbe breve: le opportunità di lancio migliori sono tra il 2029 e il 2032, dopodiché bisognerebbe attendere un decennio. Anche con la traiettoria più favorevole, occorrerebbero oltre 27 anni di viaggio. A bordo servirebbero cinque generatori termoelettrici a radioisotopi di nuova generazione, indispensabili per alimentare gli strumenti nelle condizioni estreme della fascia di Kuiper.
Il costo stimato è di circa 3 miliardi di dollari, e la durata complessiva della missione supererebbe il mezzo secolo, coinvolgendo tre generazioni di scienziati e ingegneri. Non mancano le sfide logistiche: dalla disponibilità di plutonio per i generatori alla necessità di mantenere viva la conoscenza tecnica per decenni.
Nonostante le difficoltà, l’idea affascina la comunità scientifica: oltre a risolvere il mistero dell’oceano, Persephone potrebbe gettare nuova luce sulla storia e sull’evoluzione dei mondi ghiacciati, e, con un’estensione di un anno, spingersi a esplorare un altro oggetto della fascia di Kuiper. Per ora resta un concetto sulla carta, ma è uno di quelli che alimentano la voglia di spingersi sempre più lontano.