Mostro cosmico svela l'origine primordiale dei buchi neri

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HDblog.it Jul 11, 2025 · 3 mins read
Mostro cosmico svela l'origine primordiale dei buchi neri
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Uno dei più grandi rompicapi che l'universo primordiale ci ha presentato è l'esistenza di buchi neri supermassicci comparsi troppo presto, quando il cosmo aveva meno di un miliardo di anni. Come hanno fatto questi giganti a crescere così tanto e così in fretta? Le teorie classiche faticano a dare una risposta, ma le osservazioni del telescopio spaziale James Webb (JWST) stanno iniziando a far luce su questo mistero, suggerendo un'origine affascinante che ci riporta ai primissimi istanti dopo il Big Bang.

Al centro di questa nuova indagine c'è A2744-QSO1, un oggetto celeste che sfida le nostre conoscenze. Osservato dal JWST come appariva appena 700 milioni di anni dopo l'inizio del tempo, questo buco nero è un vero e proprio "mostro" cosmico. La sua massa è circa 10 milioni di volte quella del nostro Sole, un valore già di per sé notevole. Ciò che lascia sbalorditi, però, è il suo rapporto con la galassia ospite. Il buco nero da solo costituisce ben il 10% dell'intera massa della sua galassia, una proporzione enorme se si pensa che nelle galassie a noi più vicine, e quindi più evolute, questo rapporto scende a un modesto 0,005%. Ma non è tutto. La sua galassia è incredibilmente piccola e, soprattutto, "immacolata".

La galassia di QSO1 è poverissima di metalli, termine con cui gli astronomi indicano tutti gli elementi più pesanti di idrogeno ed elio. Questa "purezza" chimica, con un'abbondanza di ossigeno inferiore all'1% di quella solare, ci dice una cosa fondamentale: in quella galassia non sono ancora nate e morte molte stelle. Le stelle, infatti, sono le fucine cosmiche che producono i metalli e li disperdono nello spazio quando esplodono come supernove. Questa assenza di "inquinamento" stellare mette in crisi i modelli tradizionali sulla formazione dei buchi neri supermassicci.

L'idea che questi giganti nascano dai resti di stelle massicce che poi si fondono e si nutrono di gas non regge: semplicemente, non c'è stato abbastanza tempo né abbastanza "materiale" stellare. Anche altre ipotesi, come una crescita eccezionalmente rapida che supera il cosiddetto limite di Eddington – una sorta di "velocità massima" con cui un buco nero può divorare materia –, incontrano un problema simile. Per alimentare una crescita così vorace servirebbero immense quantità di gas, che inevitabilmente avrebbero anche innescato una vivace formazione stellare, arricchendo l'ambiente di metalli. Cosa che, in QSO1, non vediamo.

Di fronte a questo quadro, emerge con forza uno scenario alternativo: e se i semi di questi buchi neri fossero nati prima delle stelle stesse? L'ipotesi è quella dei "buchi neri primordiali". Secondo questa teoria, fluttuazioni di densità nell'universo neonato, avvenute nel primo secondo dopo il Big Bang, avrebbero potuto far collassare direttamente porzioni di materia in buchi neri. Queste entità sarebbero state le primissime strutture a formarsi, ben prima di stelle e galassie. Un buco nero primordiale avrebbe potuto iniziare a crescere accrescendo il gas puro e incontaminato dell'universo primigenio, spiegando così la bassa metallicità osservata in QSO1. Questa teoria ha il vantaggio di non necessitare di generazioni di stelle come intermediari, risolvendo di colpo il problema dei tempi troppo stretti e della purezza chimica.

L'osservazione di QSO1 potrebbe quindi rappresentare la prima, forte prova a sostegno di questa affascinante origine. La comunità scientifica è cauta, e saranno necessarie simulazioni più dettagliate e osservazioni a risoluzione ancora più alta per confermare che attorno a questo buco nero ci sia stata davvero così poca formazione stellare. La prova definitiva, però, potrebbe arrivare solo puntando lo sguardo del JWST ancora più indietro nel tempo, alla ricerca di questi giganti cosmici in epoche ancora più remote, per scoprire se davvero erano lì fin dall'alba dell'universo.