Tra i protagonisti più longevi dell’esplorazione spaziale figura senza dubbio Voyager 1, lanciata dalla NASA nel lontano settembre 1977. Da allora, la sonda ha percorso oltre 46,7 miliardi di chilometri, superando i confini del nostro sistema solare per inoltrarsi nello spazio interstellare. E ora, quasi cinquant’anni dopo il suo lancio, un nuovo capitolo si aggiunge alla sua straordinaria storia: i tecnici della NASA sono riusciti a riattivare con successo i propulsori secondari, considerati ormai inutilizzabili dal 2004.
Il motivo di questa mossa d’emergenza risiedeva nel progressivo deterioramento dei propulsori principali, fondamentali per mantenere l’orientamento della sonda e, soprattutto, per continuare a puntare la sua antenna verso la Terra. Un malfunzionamento avrebbe potuto interrompere definitivamente le comunicazioni, ponendo fine a una missione che ha superato ogni aspettativa.
Il tempismo è stato fondamentale anche stavolta: entro il 4 maggio, l’antenna terrestre incaricata di inviare comandi alla Voyager 1 (e alla sua gemella, Voyager 2) sarebbe stata messa offline per lunghi lavori di aggiornamento. Questo avrebbe impedito qualsiasi intervento tecnico per mesi. Di fronte a questa finestra ristretta, gli ingegneri del Jet Propulsion Laboratory hanno agito rapidamente, mettendo in atto il piano audace.
Nel 2004 i propulsori secondari erano stati abbandonati a causa dell’impossibilità di riattivare i riscaldatori interni, fondamentali per il loro funzionamento a temperature estreme. Tuttavia, una nuova valutazione ha suggerito che forse non erano irrimediabilmente danneggiati, ma semplicemente troppo freddi per funzionare. Da qui, l’idea di rimettere in funzione i riscaldatori e poi testare l'accensione dei propulsori.
Il rischio era elevato: se il sistema di guida si fosse disallineato troppo prima della riattivazione dei riscaldatori, un’accensione automatica dei propulsori a freddo avrebbe potuto causare pericolosi picchi di pressione. Ma l’operazione è stata pianificata con estrema precisione. E, dopo un’attesa di 23 ore per ricevere la risposta radio dalla sonda, il 20 marzo è arrivato il segnale: i propulsori di riserva erano tornati a funzionare correttamente. Il team ha osservato un rapido aumento della temperatura dei riscaldatori, confermando l’esito positivo del test.
Questo episodio è solo l’ultimo di una lunga serie di interventi ingegnosi che hanno permesso alla missione Voyager di superare limiti tecnologici e temporali. Negli ultimi anni, infatti, la NASA ha dovuto spegnere gradualmente strumenti scientifici e sistemi di riscaldamento per compensare il calo di energia dei generatori a radioisotopi, sempre meno efficienti con il passare del tempo.
La Voyager 1 aveva anche subito recentemente un errore nei dati trasmessi, dovuto a un chip malfunzionante. Anche in quel caso, gli ingegneri sono riusciti a bypassare il problema con un aggiornamento software remoto.