Riuscire a inviare un'allerta al mondo intero in soli 30 secondi dopo aver individuato una particella quasi impercettibile proveniente dallo spazio profondo? È questa la straordinaria capacità di un nuovo algoritmo sviluppato dai ricercatori della Ruhr University Bochum (RUB), un'innovazione che rappresenta un punto di svolta per l'Osservatorio di Neutrini IceCube, l'immenso rilevatore sepolto sotto i ghiacci del Polo Sud. Questa rapidità senza precedenti permette per la prima volta agli astronomi di puntare i propri telescopi verso il punto esatto del cielo quasi in tempo reale, prima che il fenomeno cosmico che ha generato il neutrino possa svanire. È un passo da gigante per la cosiddetta astronomia multimessaggero, dove si combinano dati provenienti da particelle, onde gravitazionali e luce.
Ma perché tanta fatica per dare la caccia a queste particelle "fantasma"? Da oltre un secolo, gli scienziati sanno che la Terra è costantemente bombardata da raggi cosmici, particelle cariche dotate di energie sbalorditive, ben superiori a quelle che possiamo generare nei nostri acceleratori. La loro origine, però, è sempre rimasta un enigma. Essendo particelle cariche, il loro percorso viene deviato dai campi magnetici che permeano lo spazio, rendendo impossibile risalire alla loro sorgente. I neutrini, al contrario, sono la chiave. Privi di carica elettrica e con una massa quasi nulla, viaggiano in linea retta per milioni di anni luce, attraversando materia e galassie senza quasi mai interagire. Sono i messaggeri perfetti per indicarci da dove provengono i raggi cosmici.
Il lavoro dell'IceCube consiste proprio nell'intercettare le rarissime collisioni di un neutrino con un atomo nel ghiaccio antartico. Questo impatto genera un lampo di luce blu, la cui luminosità e tempistica permettono di ricostruire la traiettoria della particella. Fino a oggi, però, questa ricostruzione era piuttosto approssimativa, lasciando agli scienziati aree di cielo troppo vaste da scandagliare. Il nuovo sistema messo a punto dal team della RUB ha superato questo limite. Dopo la prima allerta rapida, l'algoritmo avvia un'analisi più lenta e dettagliata che affina la traiettoria con una precisione mai vista. Adotta una strategia ibrida: a seconda dell'energia del neutrino, sceglie tra due diversi approcci matematici per ottimizzare il calcolo. Il risultato è che ora le regioni di cielo in cui si presume provenga un neutrino sono circa cinque volte più piccole per l'area di confidenza al 50% e quattro volte più piccole per quella al 90%.
La potenza di questo nuovo strumento è stata messa alla prova rianalizzando oltre un decennio di dati archiviati da IceCube. I risultati sono stati sorprendenti. Alcune associazioni precedentemente ipotizzate, come il legame tra alcuni neutrini e gli eventi di distruzione mareale (stelle fatte a pezzi da buchi neri), sono svanite una volta ricalcolate le traiettorie con maggiore precisione. Allo stesso tempo, però, è emerso un nuovo, intrigante indizio.
Due neutrini, entrambi con un'energia di circa 100 mila miliardi di elettronvolt, sembrano provenire dalla stessa fonte: NGC 7469, una galassia con un nucleo attivo distante circa 220 milioni di anni luce. Sebbene la coincidenza sia promettente, non è ancora una prova definitiva, ma apre una nuova e affascinante pista di indagine.