L’acqua nello spazio è più preziosa dell’oro, e questo non è un segreto. Sulla Stazione Spaziale Internazionale e sulla cinese Tiangong ogni goccia viene recuperata e purificata da sudore, respiro e persino urina, per essere poi destinata principalmente a bere o lavarsi. In questo scenario, lavare i vestiti è sempre stato impossibile: gli astronauti indossano gli indumenti fino a renderli irriconoscibili e maleodoranti, per poi bruciarli al rientro con le capsule cargo.
A cambiare le regole del gioco potrebbe essere un’invenzione del China Astronaut Research and Training Centre. Il team ha ideato un dispositivo compatto, simile a una valigia, dal peso di 12 kg, che funziona senza detersivi e con pochissima acqua. La macchina utilizza appena 400 millilitri per ciclo, erogati sotto forma di nebbia ultrafine che penetra nelle fibre dei tessuti.
Il cuore del sistema non è l’acqua, bensì l’ozono. Generato con luce ultravioletta, questo gas agisce come potente disinfettante e consente di sterilizzare i capi fino a cinque volte prima di renderne necessario il ricambio. Il tutto in un ambiente a microgravità, dove le tradizionali lavatrici non potrebbero funzionare a causa della gestione dei liquidi.
Il ciclo di pulizia dura circa mezz’ora: i vestiti vengono spruzzati con la nebbia, trattati con ozono e infine asciugati con aria calda che elimina anche ogni residuo di gas. Sensori e filtri interni impediscono il rilascio di particelle nocive all’esterno, assicurando la sicurezza dell’equipaggio.
Da un lato, questa soluzione permette di ridurre di oltre il 60% la quantità di abiti da spedire nello spazio, con un notevole risparmio di peso e costi di lancio. Dall’altro, garantisce maggiore igiene e comfort agli astronauti, specialmente durante le missioni di lunga durata, come quelle oltre i cinque mesi in orbita o le future esplorazioni lunari e marziane.
Non è la prima volta che si tenta di affrontare il problema della biancheria spaziale: Tide aveva sperimentato nel 2021 un detergente speciale sulla ISS, mentre altre aziende hanno testato sistemi a vibrazione ultrasonica con poca acqua, senza però riuscire a eliminare i batteri. L’approccio cinese sembra offrire una soluzione più efficace, tanto da ottenere in simulazione un tasso di sterilizzazione del 99,9%.
I ricercatori stanno ora lavorando a un prototipo e a un miglioramento dell’efficienza, con l’obiettivo di estendere la durata del dispositivo ad almeno cinque anni.