Sappiamo che finalmente, negli ultimi anni, la credenza ormai consolidata che matrimonio & figli siano passi obbligatori verso la felicità è stata messa in discussione. Ma Paul Dolan, docente di scienze comportamentali alla London School of Economics, ha comunque fatto saltare il pubblico sulla sedia quando, durante il suo talk al Hay Festival, ha detto che le donne che non si sposano e non hanno figli/e risultano essere il sottogruppo demografico più sano e felice.
“Guardate il mio seno finché non capirete che è non è sessuale”, Rebecca Baby reagisce una molestia esibendosi a petto nudole donne senza figli/e e single sono il sottogruppo demografico più felice
Le argomentazioni del professor Dolan si basano su dati dell’American Time Use Survey: per gli uomini sposarsi porta vantaggi concreti — più stabilità, maggiori guadagni, perfino una vita più lunga — mentre le donne, al netto dello stress della vita coniugale, ne uscirebbero peggiorate sul piano della salute e del benessere. Dolan sostiene inoltre che l’effetto positivo del matrimonio sulle donne si manifesta quando il partner è presente nel momento in cui si chiede loro della loro felicità.
I benefici di vivere da sole e senza figli si devonoo necessariamente intrecciare con il superamento dello stigma sociale che vuole la donna single come incompleta o in difetto. Altrimenti, sentendosi incomplete o in difetto certamente non si può essere felici. Ma va anche fatta una distinzione tra scelta volontaria e condizione imposta. Le donne childfree per scelta spesso godono di maggiore autonomia, sicurezza economica e pace interiore (benefici documentati anche da studi sul benessere individuale).
Un sondaggio del Pew Research, per esempio, mostra come le donne senza figli (in particolare over 50) possano godere di maggiore benessere finanziario, serenità e una rete affettiva alternativa (come il rapporto con nipoti, amiche) solidissima e appagante.
i benefici di essere single e senza figli/e secondo lo studio
I benefici che emergono dalle ricerche sul vivere da sole e senza figli — soprattutto quando si tratta di una scelta e non di una condizione subita — riguardano diversi ambiti della vita. Le donne single e childfree possono decidere come organizzare le proprie giornate senza adattarsi ai bisogni di partner o figli. Dalle scelte di carriera ai viaggi, fino agli spostamenti di città o Paese, non c’è la necessità di mediare continuamente con le esigenze altrui.
Maggiore salute mentale (in media) dovuta al minore carico di cura: la genitorialità e la convivenza in coppia comportano spesso un sovraccarico emotivo e organizzativo che, culturalmente, grava soprattutto sulle donne. Vivere da sole - o comunque senza il partner - comporta una riduzione dello stress cronico, meno conflitti domestici e più possibilità di recupero psicofisico.
Ovviamente ci sono i benefici economici: avendo il controllo completo delle proprie risorse, poiché il reddito non deve essere redistribuito per mantenere figli o sostenere spese familiari complesse, si hanno maggiore possibilità di investimento e risorse da dedicare al proprio benessere. I costi della genitorialità, diciamolo, sono elevati: non affrontarli significa poter pianificare a lungo termine (viaggi, formazione, progetti personali).
Salute fisica in ascesa: alcuni studi (compreso quello di Dolan) hanno rilevato che le donne non sposate e senza figli riportano, in media, migliori indicatori di salute e più attività fisica. L’assenza di stress cronico correlato a relazioni o maternità non supportate riduce i rischi legati a pressione alta, insonnia e disturbi psicosomatici.
Le donne torneranno a dare la vita quando per farlo non dovranno amputare la propria
In questo quadro di riflessione, risuona con forza la frase pronunciata da Michela Murgia. Affermazione che lungi dall’essere un rifiuto della maternità, è un atto d’accusa verso le condizioni in cui essa si realizza oggi: una maternità spesso non sostenuta da politiche pubbliche, ancora legata a stereotipi sui ruoli di cura quasi esclusivamente femminili e che troppo frequentemente comporta una rinuncia drastica a spazi di autonomia personale, professionale e creativa.
Murgia ci ricorda che dare la vita non dovrebbe significare rinunciare alla propria. La maternità, per essere un atto libero, deve essere compatibile con una vita piena in tutte le sue dimensioni — senza il ricatto implicito di sacrificare carriera, sogni e salute mentale. Non si tratta di “scegliere tra sé e un figlio”, ma di poter avere entrambi senza che l’uno diventi il costo dell’altro.
Questa prospettiva sposta il dibattito dal “se” al “come”: non è tanto se le donne vogliono figli, ma se la società offre le condizioni affinché possano volerli senza auto-cancellarsi. E qui la questione non riguarda solo le donne: è una sfida culturale e politica, che chiama in causa anche il ruolo maschile e la redistribuzione reale del lavoro di cura. In conclusione Dolan ha scosso il dibattito tradizionale su matrimonio e figli/e come sinonimi di successo e felicità femminile.