Non tutti gli uomini sono colpevoli di un femminicidio, ma tutti gli uomini sono responsabili

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(La redazione di fem) Jun 09, 2025 · 4 mins read
Non tutti gli uomini sono colpevoli di un femminicidio, ma tutti gli uomini sono responsabili
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Tutti gli uomini sono responsabili perché tutte le persone sono responsabili di quanto accade in una comunità. E ci chiediamo cosa ci sia di complesso da afferrare in questa frase. Parlare della responsabilità maschile, nel grande tema della violenza di genere, è un tentativo di aprire un dialogo onesto con gli uomini su una questione che li riguarda direttamente per due motivi, che ancora non afferrano: il primo, ad agirla sono prevalentemente loro. Il secondo: vivono qui, in una comunità nella quale alcune persone corrono dei rischi semplicemente esistendo a causa delle altre che agiscono violenza per una spinta esclusivamente culturale. Davvero non gli importa?

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"non tutti gli uomini": la risposta generica alle accuse

Alla luce delle ultime storie di violenza, tra cui la raffica di femminicidi - tra cui quello della giovanissima Martina Carbonaro - sono state molte le dichiarazioni di uomini e ragazzi sul tema della responsabilità. Si è trattato più che altro di attivisti o di autori apertamente schierati contro la violenza di genere e che hanno alle spalle un percorso di consapevolezza. Ma tutti gli altri? Tutti gli altri hanno risposto, in sintesi, "non mi prendo la colpa" e "non ho ucciso nessuno". In sostanza è un enorme "non mi riguarda", il che significa che quanti hanno risposto così hanno frainteso il concetto di colpa con quello di responsabilità.

Ma responsabilità non è colpa. Quando si parla di femminicidi o violenza di genere, molte volte si crea una frattura nel dialogo tra uomini e donne perché spesso agli uomini sembra di ricevere un'accusa generica, come se si volesse dire che sono tutti colpevoli. Anche chi non ha "ucciso nessuno". Questo sentirsi accusati genera rabbia, chiusura, o frustrazione. Ma nessuno parla di colpa: è ovvio che la colpa è personale, si ha colpa quando si compie un atto direttamente violento o dannoso.

La responsabilità, invece, è collettiva. Si ha responsabilità quando si vive in un sistema dove certe dinamiche si ripetono e non si fa nulla per metterle in discussione. E se anche solo restare in silenzio di fronte a una battuta sessista o alla ricezione della foto di una ragazza in intimità che non ha idea di essere finita in quella chat è una forma di responsabilità, è anche una colpa: si è in quel caso sia responsabili che colpevoli nella costruzione e nel mantenimento di un clima sessista. 

dire di non aver ucciso nessuna come fosse un vanto quando è il minimo sindacale

È scientificamente, socialmente, psicologicamente e antropologicamente provato che la violenza di genere si esprime in molte forme, ciascuna di queste espressioni è parte di una "piramide" che le rappresenta in un crescendo. Il femminicidio è all'apice, la foto rubata dai social di una ragazza per mandarla agli amici è alla base.

Questo perché il femminicidio non nasce in un vuoto ma è una pratica che, inconsapevolmente, viene sostenuta dagli strati più larghi e “normalizzati” di violenza di genere. Quindi da tutti quelli che li agiscono.

Commenti sul corpo non richiesti, battute sessiste, rispondere “è solo uno scherzo” davanti alla paura o all'offesa di una donna, il controllo su cosa la partner indossa, minimizzare un’aggressione con “stai esagerando”, utilizzare la doppia morale parlando di sesso: tutto questo rientra nella piramide della violenza e a fare tutte queste cose sono i ragazzi, i ragazzini, gli uomini (e le ancelle del patriarcato).

Queste azioni e le parole che le verbalizzano sono il tessuto sul quale è possibile (o più probabile) che si verifichino i femminicidi. È come se fosse un terreno continuamente arato e innaffiato, sul quale di conseguenza frutti e fiori crescono presto e bene. Solo che i frutti e i fiori sono gli stupri e i femmincidi. 

la differenza tra "colpa" e "responsabilità" dei maschi

E qui entra la resposabilità di tutti, soprattutto di chi è in una posizione di maggioranza o privilegio, come sono gli uomini nei gruppi di uomini, rispetto alle donne. Non perché siano “cattivi” o “colpevoli”, ma perché possono fare la differenza. Essere responsabili vuol dire avere il coraggio di guardare oltre sé stessi e chiedersi: “Cosa sto dando per scontato?”, “Cosa posso cambiare nei miei comportamenti o nei miei silenzi?”, “Cosa posso dire quando un amico fa una battuta fuori luogo?”.

La buona notizia è che non si chiede di portare un peso, ma di contribuire a sollevarlo. Le donne si interrogano su come porre fine ai comportamenti violenti che subiscono, che legittimano e pure a quelli che agiscono: quello degli infanticidi, per esempio, è l'argomento preferito dai ragazzi e dagli uomini che replicano alle richieste di una responsabile presa in carico della violenza di genere.

Ecco: le donne e le ragazze storicamente si sono fatte carico del tema della depressione post partum, banalmente perché non venivano credute e spedite nei manicomi se non peggio. Oggi sappiamo che c'è ancora molto da fare: molte donne subiscono le pressioni sociali di una narrazione che romanticizza la maternità e non conoscono gli aspetti psicologici e organici che possono portare, insieme a quelli sociali, alla depressione post partum. Le donne si fanno carico. Gli uomini no: quelli che lo fanno sono ancora pochissimi.