Ancora una volta la Cina è protagonista di uno sforzo innovativo in ambito energetico, lontano dalla fattibilità su larga scala ma comunque promettente. Un team di ricercatori ha presentato un prototipo di batteria nucleare capace di funzionare per cinquant’anni senza interventi esterni e con un’efficienza tre volte superiore rispetto ai modelli tradizionali. Il progetto è stato guidato da Haisheng San, professore dell’Università di Xiamen, e da Xin Li, ricercatore dell’Istituto cinese di energia atomica.
Entrambi hanno sottolineato come i sistemi energetici convenzionali – dalle batterie chimiche alle celle a combustibile fino al fotovoltaico – non siano in grado di garantire continuità operativa in ambienti ostili per periodi così lunghi. Limiti come la scarsa densità energetica, la dipendenza da condizioni ambientali favorevoli e la necessità di manutenzione ricorrente ne riducono infatti l’affidabilità.
Per superare questi ostacoli, il team ha sviluppato celle radio-fotovoltaiche basate sullo stronzio-90, un isotopo radioattivo, integrate in una particolare architettura ottica chiamata waveguide light concentration (WLC). Al centro del dispositivo si trova il cristallo scintillatore GAGG:Ce, tra i più luminosi oggi disponibili, capace di emettere fotoni con un picco a 520 nanometri. L’energia rilasciata dallo stronzio-90 viene trasformata in luce, che viene poi guidata verso celle fotovoltaiche per generare elettricità.
Durante i test, un singolo modulo ha raggiunto un’efficienza di conversione del 2,96%, valore molto superiore a quello ottenuto finora con strutture analoghe. L’unità ha prodotto 48,9 microwatt, mentre una configurazione composta da più moduli ha toccato i 3,17 milliwatt. Le prestazioni elettriche registrate hanno mostrato un voltaggio a circuito aperto di 2,14 volt e una corrente di cortocircuito pari a 2,23 milliampere, un equilibrio che i ricercatori definiscono ottimale tra stabilità ed efficienza.
Ma l’aspetto più sorprendente riguarda la durabilità. Simulando l’equivalente di cinquant’anni di esposizione alle radiazioni, i dispositivi hanno mostrato solo una riduzione del 13,8% nelle prestazioni ottiche. In altre parole, dopo mezzo secolo di utilizzo continuativo, la batteria continuerebbe a funzionare in modo più che accettabile.
Il cuore dell’innovazione è la struttura WLC, che consente di convogliare la luce emessa dallo scintillatore direttamente verso le celle, riducendo al minimo le dispersioni. Non essendoci parti meccaniche in movimento o necessità di rifornimento esterno, il sistema appare particolarmente adatto a missioni di lungo periodo senza possibilità di manutenzione.
Gli scienziati riconoscono che restano ancora ostacoli da superare prima di arrivare a una produzione su larga scala, in particolare per i costi e la disponibilità dello stronzio-90. Tuttavia, i risultati ottenuti rappresentano un passo avanti significativo verso batterie nucleari compatte e durevoli, ideali per sonde spaziali, sensori remoti o infrastrutture sottomarine che richiedono energia costante per decenni.