Droni che imitano la natura per superare i limiti attuali del volo urbano e marittimo? Non è la prima volta che si usa un simile approccio, ma è questa l’idea alla base di un progetto portato avanti dall’Università di Surrey, che sta studiando il comportamento dei rapaci notturni per sviluppare droni capaci di muoversi con agilità tra i grattacieli o resistere al vento delle coste.
Oggi il settore si divide fondamentalmente fra due modelli dominanti: i multicotteri, che garantiscono manovre precise ma consumano molta energia, e i droni ad ala fissa, in grado di coprire distanze maggiori ma con poca flessibilità nelle manovre. La sfida è unire autonomia e agilità in un unico mezzo. Qui entrano in gioco i gufi, tra i migliori volatori in natura quando si tratta di virare in spazi stretti e rimanere stabili anche in correnti irregolari.
Il progetto, battezzato Learning2Fly, si concentra proprio sull’osservazione di questi uccelli. Secondo Olaf Marxen, docente di aerodinamica e responsabile della ricerca, la natura ha già risolto molti dei problemi che affliggono i droni. Gli uccelli di preda, infatti, sanno affrontare ambienti complessi senza perdere controllo. Replicare almeno in parte queste strategie, con l’aiuto del machine learning, potrebbe portare a droni ad ala fissa finalmente adatti al caos delle metropoli e alle raffiche in mare aperto.
Il lavoro non si basa solo su simulazioni al computer. Nei laboratori del Surrey, piccoli prototipi ricavati da aeromodelli vengono fatti volare in una sala con telecamere ad alta velocità e sensori di movimento. Ogni traiettoria, deviazione e oscillazione viene registrata e analizzata. I dati alimentano modelli di intelligenza artificiale capaci di prevedere in tempo reale la reazione del drone alle variazioni del flusso d’aria, senza dover ricorrere a calcoli aerodinamici troppo costosi in termini computazionali.
Questa sperimentazione passo dopo passo permette di accumulare un archivio dettagliato, utile a raffinare i prototipi e renderli sempre più vicini a un impiego reale. L’obiettivo finale è avere droni in grado di consegnare pacchi tra i palazzi di Londra o New York, ma anche di salire a decine di metri sopra il mare per controllare turbine eoliche senza rischi per i tecnici.
Owen Wastell, dottorando che coordina parte del progetto, racconta che i primi voli mostrano capacità sorprendenti rispetto ai droni tradizionali. Sorprende anche il fatto che, nell’era di algoritmi e sensori di ultima generazione, le soluzioni più promettenti arrivino dall’osservazione di specie che popolano i cieli da milioni di anni.
Il prossimo passo sarà portare i test fuori dal laboratorio, per capire come i prototipi reagiscono a vento, pioggia e ostacoli mobili. Se gli esperimenti confermeranno le attese, potrebbe aprirsi la strada a una nuova generazione di droni, più efficienti e al tempo stesso più adattabili, capaci di operare sia tra i flussi di traffico urbano che nei vasti spazi dell’offshore.