I ricercatori del Politecnico federale di Zurigo (ETH Zurich) hanno sviluppato un nuovo materiale da costruzione capace di assorbire anidride carbonica dall’aria attraverso un processo simile alla fotosintesi. Una vera rivoluzione nel mondo dell’edilizia sostenibile, che punta non solo a ridurre le emissioni ma anche a rendere gli edifici parte attiva nella lotta al cambiamento climatico.
I dettagli della ricerca sono stati pubblicati di recente sulla rivista Nature Communications, dove il team guidato dal professor Mark Tibbitt – esperto di ingegneria macromolecolare – ha illustrato come questo materiale possa funzionare come un “pozzo di carbonio vivente”.
COME FUNZIONAIl cuore del progetto è una speciale miscela pensata per la stampa 3D, composta da idrogel, cianobatteri fotosintetici e funghi. Questo composto, una volta stampato, può crescere e vivere utilizzando soltanto luce solare, acqua salata e CO2. I protagonisti della cattura della CO2 sono proprio i cianobatteri, microrganismi antichissimi ed estremamente efficienti nella fotosintesi.
A differenza di molte piante, riescono a lavorare anche in presenza di luce debole e, nel farlo, non solo generano nuova biomassa, ma fanno precipitare carbonati solidi, come il calcare, trasformando la CO2 in una forma stabile e durevole.
CATTURA CONTINUAI test condotti nei laboratori ETH hanno mostrato risultati sorprendenti. Il materiale ha continuato a catturare e stoccare CO2 per più di 400 giorni, arrivando a inglobare circa 26 milligrammi di anidride carbonica per ogni grammo di materiale. Un valore che supera di gran lunga molti altri approcci biologici esistenti e si avvicina alla performance delle tecniche di mineralizzazione chimica impiegate nel riciclo del calcestruzzo.
L’obiettivo della ricerca non è solo scientifico, ma anche architettonico. Il team sta lavorando per rendere questo materiale adatto a diversi usi edilizi, come rivestimenti per facciate o strutture modulari, trasformando le superfici degli edifici in veri e propri strumenti per l’assorbimento della CO2.
Alcune installazioni sperimentali sono già state realizzate: due strutture “albero” sono state esposte nel Padiglione Canada della Biennale di Architettura di Venezia 2025, dove ogni elemento potrebbe arrivare a catturare fino a 18 kg di CO2 l’anno, l’equivalente di un pino ventennale. Un’altra opera è in mostra alla Triennale di Milano, dove il materiale è stato applicato su legno: la crescita dei batteri ha creato una suggestiva patina verde, visibile segno della cattura del carbonio.
Se la tecnologia supererà le sfide di scalabilità e durabilità, potremmo trovarci di fronte a una nuova generazione di materiali “vivi”, in grado di interagire con l’ambiente e migliorare la qualità dell’aria urbana. Un’architettura che non solo ospita, ma partecipa attivamente alla salvaguardia del pianeta.