Un’innovazione che promette di accelerare la transizione energetica nel settore industriale arriva dall’Australia, dove i ricercatori del CSIRO (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation) hanno realizzato un reattore solare di nuova generazione. Il progetto, ospitato presso il Newcastle Energy Centre a circa 150 km da Sydney, si distingue per l’utilizzo di una tecnologia ottica “beam-down” applicata alla produzione termochimica dell’idrogeno.
TECNOLOGIA BEAM-DOWNIl concetto di base non è nuovo: si tratta della concentrazione della luce solare per generare calore ad alta temperatura, principio alla base degli impianti solari termodinamici. Tuttavia, il sistema beam-down introduce una variazione interessante: anziché concentrare la luce su un punto elevato della torre solare, la luce riflessa dagli eliostati viene reindirizzata verso il basso, dove si trova il reattore stesso o un fluido termovettore.
Questo approccio si ispira al design ottico dei riflettori Cassegrain, già noti nel campo dell’astronomia, ma da alcuni anni oggetto di crescente interesse anche nell’ambito delle tecnologie solari a concentrazione.
VANTAGGIIl beam-down presenta diversi vantaggi pratici e progettuali. Concentrare l’energia a livello del suolo consente:
- Una maggiore stabilità e sicurezza nella gestione del fluido termovettore, che non deve più essere pompato fino alla sommità della torre;
- Minori consumi energetici per il trasporto del calore;
- Un design più compatto e meno costoso da costruire.
Inoltre, la struttura complessiva risulta più semplice e scalabile, qualità fondamentali per una futura applicazione su larga scala.
IDROGENO SOLAREUno degli impieghi più promettenti di questa tecnologia è proprio nella produzione di idrogeno verde. Nel caso del progetto australiano, il beam-down alimenta un reattore termochimico alla base della torre, progettato per effettuare la scissione dell’acqua in idrogeno e ossigeno attraverso un ciclo redox.
Il materiale chiave qui è la ceria drogata, ossia un ossido metallico modificato, sviluppato in collaborazione con l’Università di Niigata (Giappone), che riesce ad assorbire e rilasciare ossigeno a temperature più basse rispetto ai materiali tradizionali. Questo migliora l’efficienza e la fattibilità del processo su scala reale. Il professor Tatsuya Kodama, coinvolto nello sviluppo delle particelle, spiega:
OLTRE L'ELETTROLISICon la ceria drogata riusciamo a triplicare la quantità di idrogeno prodotta rispetto ai materiali standard. Inoltre, i test ci hanno fornito indicazioni preziose per ottimizzare ulteriormente le performance.
Secondo il CSIRO, il dimostratore ha completato con successo l’intero ciclo di produzione, dalla concentrazione della luce alla raccolta dell’idrogeno, raggiungendo una efficienza solare-idrogeno superiore al 20%. Si tratta di un risultato notevole per una tecnologia ancora in fase di sviluppo. Il dottor Jin-Soo Kim, a capo del progetto, sottolinea:
Abbiamo ottenuto ottimi risultati in condizioni moderate, senza bisogno di temperature estreme o componenti complessi. Con i giusti perfezionamenti, questa strada potrebbe diventare competitiva con l’elettrolisi sia in termini di prestazioni che di costi.
Crediti immagini CSIRO