Gli Stati Uniti avrebbero imposto una condizione inedita per consentire a Nvidia e AMD di vendere i propri chip AI alla Cina: versare al governo federale una commissione del 15% sui ricavi generati da quelle vendite. Secondo il New York Times, l’accordo potrebbe fruttare a Washington fino a 2 miliardi di dollari l’anno. A chiudere l’intesa, stando alle indiscrezioni, sarebbe stato il CEO di Nvidia Jensen Huang, dopo un incontro con il presidente Donald Trump, avvenuto pochi giorni prima del rilascio delle licenze di esportazione da parte del Dipartimento del Commercio.
Le autorizzazioni riguardano modelli “ridotti” dei chip più avanzati, come l’H20 di Nvidia e l’MI308 di AMD. Entrambi sono versioni alleggerite, progettate per rispettare i limiti imposti a partire da aprile scorso sulle esportazioni verso la Cina, limiti che avevano bloccato la consegna di GPU destinate ad applicazioni di intelligenza artificiale. Nvidia, in particolare, si è trovata sotto pressione anche per le preoccupazioni del governo di Pechino, che ha ipotizzato la presenza di “backdoor” nei suoi chip.
La mossa rientra nella strategia della Casa Bianca di utilizzare il controllo sulle tecnologie strategiche come leva economica e politica.
L’amministrazione Trump non è nuova a misure fuori dagli schemi: dalle cene di raccolta fondi con criptovalute-meme, alle cause intentate contro università, fino a tariffe doganali improvvise. Solo una settimana fa, lo stesso Trump aveva minacciato un dazio del 100% sui semiconduttori, a meno che le aziende non accettassero di riportare parte della produzione negli Stati Uniti.
Il caso Nvidia e AMD si inserisce in una serie di interventi diretti del presidente su grandi operazioni industriali, spesso giustificati con ragioni di sicurezza nazionale. Nei mesi scorsi, Trump aveva valutato persino di “spezzare” Nvidia, salvo poi rivedere la posizione dopo una campagna di contatti e concessioni da parte di Huang, culminata anche nella rimozione di alcuni vincoli all’export di chip AI. Sempre quest’anno, la Casa Bianca ha avanzato la proposta di una joint venture che assegnerebbe al governo statunitense il 50% di TikTok e ha chiesto le dimissioni del CEO di Intel, Lip-Bu Tan, per i suoi legami con la Cina.
La clausola del 15% sulle vendite in Cina è definita “altamente inusuale” dagli esperti, sia per l’entità che per la natura dell’imposta, che di fatto funziona come una sorta di royalty sulle esportazioni high-tech. Resta da vedere se questa linea potrà consolidarsi come nuovo strumento di politica commerciale o se resterà un’eccezione legata all’attuale scenario geopolitico e alla competizione tecnologica tra Washington e Pechino.