Provate a immaginare una situazione comune e potenzialmente pericolosa, che in effetti non è così lontana dalla nostra comprensione: un'auto a guida autonoma che, dopo aver percorso un tunnel buio, sbuca all'improvviso sotto la luce accecante del sole. Quel breve istante in cui i sensori faticano ad adattarsi può fare la differenza. Proprio per superare questa e altre sfide simili, un gruppo di ricercatori dell'Università di Fuzhou, in Cina, ha sviluppato un nuovo sensore di visione artificiale capace di reagire alle variazioni estreme di luminosità in modo straordinariamente rapido, superando le prestazioni dell'occhio umano.
La nostra vista è un meccanismo biologico eccezionale, in grado di abituarsi al passaggio dal buio alla luce e viceversa. Questo nuovo dispositivo non solo imita tale capacità, ma la porta a un livello superiore. Il segreto di questa tecnologia risiede nell'uso dei cosiddetti "punti quantici", nanocristalli di semiconduttori, in questo caso solfuro di piombo, che eccellono nel convertire la luce in segnali elettrici. Come spiegato da Yun Ye, uno degli autori dello studio pubblicato sulla rivista Applied Physics Letters, l'idea è stata quella di progettare questi punti quantici in modo che potessero intrappolare le cariche elettriche in modo simile a come "una spugna assorbe l'acqua", per poi rilasciarle quando necessario. Questo processo emula il modo in cui i nostri occhi immagazzinano i pigmenti fotosensibili per adattarsi alle condizioni di scarsa illuminazione.
La struttura del sensore, composta da strati di questi punti quantici inseriti tra un polimero e l'ossido di zinco, si è dimostrata estremamente efficace nel replicare e ottimizzare la risposta alla luce, avvicinando l'ingegneria alla neuroscienza. Oltre alla velocità di adattamento, un altro vantaggio significativo di questo approccio è l'efficienza energetica.
A differenza dei sistemi di visione artificiale convenzionali, che processano un'enorme quantità di dati visivi, inclusi dettagli irrilevanti, con un conseguente dispendio di energia e potenza di calcolo, questo nuovo sensore è più selettivo. Agisce in modo simile alla retina umana, pre-elaborando le informazioni luminose direttamente alla fonte e filtrando i dati superflui. In questo modo si concentra sugli elementi chiave della scena, riducendo il carico computazionale e il consumo energetico.
Una tecnologia del genere potrebbe consentire ai robot di operare con la massima efficienza in qualsiasi condizione di luce, dagli ambienti industriali scarsamente illuminati agli spazi aperti e soleggiati. Il valore fondamentale di questa ricerca, come sottolinea Ye, è permettere alle macchine di "vedere in modo affidabile dove gli attuali sensori di visione falliscono".
Il team di ricerca non intende fermarsi qui: i prossimi passi prevedono l'integrazione di array di sensori più grandi e l'implementazione di chip AI direttamente sul dispositivo, per un'elaborazione dei dati ancora più avanzata e immediata.