A Olimpia, in Grecia, è andata in scena la prima Olimpiade Internazionale degli Umanoidi, una manifestazione che ha visto robot antropomorfi cimentarsi in discipline come il calcio e la boxe, un po' come avvenuto a Pechino qualche settimana fa. L’evento, organizzato da Acumino ed Endeavor dal 29 agosto al 2 settembre, ha attirato non solo curiosi e appassionati di tecnologia, ma anche ricercatori e imprenditori del settore, invitati come relatori. Al centro della manifestazione non c’era tanto lo spettacolo, quanto il confronto tra ciò che i robot possono fare oggi e ciò che invece resta ancora lontano dalle loro capacità.
Se infatti l’intelligenza artificiale ha compiuto passi da gigante negli ultimi anni, con applicazioni ormai alla portata di tutti come ChatGPT, i robot umanoidi restano molto indietro sul fronte dell’apprendimento dai dati. L’accademico greco Minas Liarokapis, tra gli organizzatori della kermesse, ha azzardato una previsione: prima di vedere robot davvero utili nelle case, pronti ad affrontare attività domestiche complesse come cucinare o riordinare, ci vorranno almeno dieci anni, forse di più. Secondo Liarokapis, è probabile che prima li vedremo impegnati in missioni spaziali piuttosto che tra i fornelli di una cucina.
Il confronto con i progressi portati avanti dall'AI è impietoso. I software hanno a disposizione enormi quantità di dati su cui “allenarsi”, mentre per i robot la situazione è opposta: mancano esperienze reali e raccolte sistematiche di informazioni da cui apprendere. Ken Goldberg, professore all’Università di Berkeley, ha sottolineato che la sfida principale è proprio quella: spingere i robot a raccogliere dati durante attività concrete, come smistare pacchi o guidare taxi, così da accelerarne la crescita cognitiva. Una stima citata durante l’evento è emblematica: i robot sarebbero circa centomila anni indietro rispetto all’AI nella capacità di apprendere dai dati.
C'è però da dire che le tecniche di apprendimento per rinforzo stanno aiutando gli umanoidi a reagire in tempo reale, evitando di dover essere programmati per ogni singola azione. E la ricerca sta spingendosi oltre: Hon Weng Chong, CEO della biotech Cortical Labs, ha presentato un progetto che punta a realizzare un “cervello biologico” con cellule neuronali coltivate su chip, capaci di apprendere e adattarsi più rapidamente.
Durante l’Olimpiade non si è trattato solo di teoria e gli organizzatori hanno scelto discipline alla portata dei robot, evitando prove troppo complesse come il lancio del giavellotto o il salto in alto, che avrebbero richiesto arti specializzati. Le sfide dimostrative hanno così rappresentato un banco di prova realistico: non spettacoli fini a sé stessi, ma esercizi utili a misurare con obiettività i limiti e i progressi.