Una nuova ipotesi sul Big Bang mette in discussione le basi della cosmologia moderna, suggerendo che onde gravitazionali primordiali potrebbero aver dato origine a tutta la materia dell’universo. Non più soltanto un’espansione rapidissima guidata da un campo ipotetico, ma un processo nato dalle oscillazioni quantistiche dello spazio-tempo, capace di generare le minuscole differenze di densità da cui sarebbero poi scaturite galassie, stelle e pianeti.
La proposta arriva da un gruppo di ricercatori internazionali guidati da Raúl Jiménez, dell’Università di Barcellona, e da Daniele Bertacca, dell’Università di Padova, ed è stata pubblicata sulla rivista Physical Review Research. Il team di studiosi vorrebbe ridurre la quantità di parametri “aggiustabili” presenti nei modelli standard, in particolare nel paradigma inflazionario. Da decenni, infatti, la cosmologia si affida a questo scenario per spiegare l’omogeneità dell’universo e la distribuzione della materia, ma la presenza di troppi elementi ipotetici rende difficile distinguere una previsione autentica da una spiegazione adattata a posteriori.
Il nuovo modello parte comunque da una fase inflazionaria iniziale, descritta come uno stato di “spazio di de Sitter”, interpretato come una condensazione di gravitoni, le particelle ancora teoriche che medierebbero la forza di gravità. Questo stato, spinto oltre un certo limite, sarebbe collassato in un sistema quantistico caotico. Da qui le oscillazioni intrinseche dello spazio-tempo, ossia le onde gravitazionali, avrebbero prodotto i semi delle fluttuazioni di densità che hanno portato alla formazione della materia.
Ciò che distingue questa proposta dal paradigma classico è la sua semplicità: un unico parametro energetico regola il modello, senza dover ipotizzare l’esistenza del cosiddetto “campo inflatonico”, mai osservato ma cruciale nelle teorie precedenti. Secondo Bertacca, proprio questa essenzialità, unita alla possibilità di fare previsioni verificabili, rappresenta la forza dell’idea.
Naturalmente, una teoria senza prove osservative rimane tale. Per questo il gruppo di ricerca indica con precisione i test che potranno confermarla o smentirla. In primo luogo, i dati sul fondo cosmico a microonde, la radiazione fossile del Big Bang, contengono tracce delle oscillazioni primordiali. Altre verifiche potrebbero arrivare dallo studio delle strutture su larga scala dell’universo e, in futuro, dall’osservazione diretta delle onde gravitazionali generate nelle prime frazioni di secondo dopo l’origine.
Per ora resta un’ipotesi suggestiva, che apre la porta a una possibile nuova narrazione sull’inizio del cosmo, meno carica di speculazioni e più radicata in fenomeni fisici che, almeno in parte, conosciamo già.