Perovskiti più stabili grazie a una scoperta inattesa dei ricercatori svedesi

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HDblog.it Sep 27, 2025 · 2 mins read
Perovskiti più stabili grazie a una scoperta inattesa dei ricercatori svedesi
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Un gruppo di ricercatori dell’Università di Tecnologia di Chalmers, in Svezia, ha fatto luce su un mistero che da anni accompagna i materiali perovskitici a base di alogeni, considerati tra i più promettenti per la prossima generazione di celle solari. Grazie a simulazioni avanzate e al supporto del machine learning, il team ha individuato una fase a bassa temperatura finora sconosciuta di uno dei composti più studiati, lo ioduro di piombo e formamidinio, capace di assumere uno stato definito “semi-stabile”. Una scoperta che potrebbe aprire nuove prospettive per l’efficienza e l’affidabilità di queste tecnologie energetiche.

Le perovskiti alogenuri hanno conquistato un ruolo di primo piano nel panorama delle energie rinnovabili negli ultimi vent’anni. Leggere, versatili e dalle eccellenti proprietà ottiche, hanno spinto molti a definirle l’alternativa ideale al silicio per pannelli solari e dispositivi a LED. Tuttavia, la loro fragilità e i complessi meccanismi di degradazione ne hanno frenato finora la diffusione su larga scala. Lo ioduro di piombo e formamidinio, ad esempio, offre prestazioni straordinarie in laboratorio, ma soffre di instabilità strutturale che ne limita l’uso commerciale.

Il nodo era proprio la scarsa conoscenza del comportamento di questo materiale a basse temperature. Come ha spiegato la ricercatrice Sangita Dutta, il tassello mancante riguardava la struttura cristallina in condizioni estreme di raffreddamento.

Grazie a modelli computazionali in grado di simulare milioni di atomi per tempi migliaia di volte superiori rispetto al passato, gli scienziati hanno ricostruito il quadro di questa fase “sfuggente”, scoprendo che le molecole, man mano che la temperatura scende, restano intrappolate in uno stato intermedio non del tutto stabile né completamente ordinato.

Per confermare i risultati, il gruppo di Chalmers ha collaborato con l’Università di Birmingham. Qui il materiale è stato raffreddato fino a –200 °C, dimostrando che la realtà sperimentale coincideva con quanto previsto dalle simulazioni. Un passo importante non solo dal punto di vista teorico, ma anche pratico: conoscere a fondo questa fase significa poter progettare strategie per stabilizzare i materiali perovskitici e sfruttarne al meglio il potenziale nelle celle solari.

Il ruolo delle simulazioni al computer è stato determinante. Modellare materiali così complessi richiede enormi capacità di calcolo, spesso disponibili solo su supercomputer. L’introduzione dell’AI ha reso possibile analisi più lunghe e dettagliate, con un livello di realismo mai raggiunto prima. “Ora possiamo ottenere risposte a domande che pochi anni fa sembravano fuori portata”, ha sottolineato Julia Wiktor, coordinatrice dello studio. Secondo i ricercatori, queste tecniche potranno essere applicate anche ad altri materiali della stessa famiglia, accelerando il percorso verso soluzioni energetiche più efficienti e durature.