Presa di mira da più di 150mila estranei quando non esisteva nemmeno una legge: parla una survivor dei forum (come Phica)

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(La redazione di fem) Aug 30, 2025 · 7 mins read
Presa di mira da più di 150mila estranei quando non esisteva nemmeno una legge: parla una survivor dei forum (come Phica)
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Per anni le sue foto hanno girato su gruppi Facebook come "Welcome to Favelas" e "Sesso droga e pastorizia", oltre che su un tristemente noto canale Telegram impossibile, pare, da smantellare: ogni volta che viene chiuso riappare in una versione più nuova e più violenta. Sabrina Cosentino, sopravvissuta a una vera e propria campagna di odio avviata dal suo ex è tra le prime a denunciare qualcuno per revenge porn quando, all'epoca, non c'era ancora una legge. Per questo all'uomo è toccato solo un anno e dieci mesi, in Cassazione. Una pena che, se fosse esistito il reato di revenge porn, sarebbe stata almeno raddoppiata.

L'eurodeputata Alessandra Moretti: "Anche io vittima del forum pornogragico: serve una denuncia collettiva"

La condanna è arrivata al termine di un percorso giudiziario lungo e doloroso e oggi Sabrina è una delle voci più forti contro la diffusione di immagini intime non consensuale. "Ho avuto una relazione con quest’uomo: violento, geloso, manipolativo - racconta - e ho compreso che dovevo lasciarlo per non finire sulle pagine di cronaca nera". Ma quando sei dentro, ti ritrovi invischiata in un ciclo perverso fatto di botte, scuse e promesse: "Mi diceva ti giuro che non lo faccio più". Ed è difficile tirarsene fuori.

Perché parlarne: la diffusione di immagini intime non consensuale, i forum, le chat

A poche ore dal clamore sollevato dal gruppo Facebook Mia Moglie, dove circa 32mila uomini condividevano, postavano e commentavano immagini intime delle proprie mogli, spesso senza consenso, è esplosa un’altra bomba digitale: il sito Phica. Attivo dal 2005, con centinaia di migliaia di utenti e visitatori quotidiani, ospitava foto rubate e manipolate di donne, ragazzine, celebrità, personaggi politici come Giorgia Meloni e Elly Schlein.

Tutto corredato da caption volgari ed esplicite, un catalogo di umanità svuotata di volontà e trasformata in intrattenimento. Dopo le denunce – tra le prime quelle dell’eurodeputata Alessandra Moretti e della dirigente Valeria Campagna – la piattaforma ha annunciato la chiusura e l’eliminazione dei contenuti, affermando che "si è trasformata per colpa di alcuni". Alcuni.

Contemporaneamente, il gruppo Mia Moglie era stato già chiuso da Meta dopo le prime inchieste: la polizia postale ha ricevuto migliaia di segnalazioni e l’indagine si è estesa perché, come spesso succede, un luogo chiuso genera corridoi segreti, che sbucano in luoghi aperti, nuovi di zecca. Il problema, infatti, non sono certo i social, i forum e le chat: il problema sono gli utenti.

Infine il revenge porn: un norme sbagliato per definire qualcosa di ancora più sbagliato

La storia inizia a distanza tra gelosie e manipolazioni, poi la convivenza: una altalena di liti, violenze psicologiche e fisiche, preghiere di scuse, promesse di smettere. E il ciclo ricominciava ogni volta. "Avevo provato a lavorare trovando due impieghi nella sua città, ma lui s’ingelosiva, mi ostacolava con ogni scusa per farmi tardare, mi dava della troia e mi picchiava. Una volta sono andata a lavorare con il volto pieno di lividi".

Poi il salto verso il punto di non ritorno: "Mi ha sbattuto la testa contro uno stipite più volte. Una volta ha tentato di buttarmi dalla finestra. E ogni volta, dopo, usava le stesse scuse: Perdonami, non succederà più. Era un lavaggio del cervello continuo". Dopo un episodio di violenza ha provato a denunciare tutto ai Carabinieri: "mi hanno detto, signorina poi fate pace e si pentirà della denuncia, eviti".

Dopo la separazione definitiva Sabrina si trova a fare i conti con un incubo tutto nuovo: qualcosa che all'epoca non aveva nemmeno un nome e che oggi chiamiamo, anche se non restituisce l'essenza della circostanza, "revenge porn". La diffusione di foto intime viene scoperta dopo che una mattina aveva anche trovato i suoi affetti personali, quelli che aveva lasciato a casa dell'uomo, davanti alla porta. Erano ricoperti di candeggina, mezzi bruciati, distrutti. Poco dopo, un messaggio: Non è finita, aspettati lo sputtanamento peggiore del web, le aveva scritto lui.

Eccola, la persecuzione digitale. Prima la creazione di profili falsi su Facebook a nome della donna, tramite i quali l'ex diffondeva fotografie intime e inviava richieste di amicizia a parenti, amici, colleghi di lavoro. Poi "Ho iniziato a ricevere richieste di amicizia da sconosciuti. Messaggi di amici che mi chiedevano: ma sei tu quella che pubblica queste foto?  Con almeno quattordici profili falsi creati uno dopo l'altro ha contattato tutte le persone che conoscevo: parenti, amici, colleghi, persino aziende". Lo scopo? Umiliarla. 

Questa volta la Polizia interviene, i profili vengono chiusi e l'uomo viene privato del dispositivo. Ma nel giro di qualche mese l'incubo torna più feroce di prima. Era partita una escalation di cui lei non poteva avevre idea: l’ex aveva condiviso i suoi dati personali all’interno di gruppi chiusi su Facebook. "Ho iniziato a ricevere centinaia di messaggi al giorno. Era come se improvvisamente fossi diventata il bersaglio di questi iscritti, più di centocinquantamila persone."

"La cartella di foto a mio nome era appena sotto quella di Tiziana Cantone"

Sabrina scopre così l’esistenza di un archivio digitale con migliaia di immagini e video intimi di donne, alcune ragazze anche minorenni, che prima venivano raccolti e diffusi all’interno di gruppi Facebook come Welcome to Favelas, Sesso, Droga e Pastorizia e La Fabbrica del Degrado. È soltanto ad indagini avviate che, dopo aver chiuso e riaperto numerose volte gruppi privati, questi contenuti sono stati spostati su canali Telegram che rimangono, diciamo, al sicuro: difficilissimo trovarli e, quindi, smantellarli. "E non ero l’unica" racconta. "Era un archivio enorme, organizzato come un catalogo: la cartella a mio nome era appena sotto a quella di Tiziana Cantone", racconta riferendosi alla giovane che nel giro di pochi mesi avrebbe posto fine alla propria vita proprio per l'odio ricevuto online, dopo che le sue foto intime erano state condivise.I file presenti illegalmente su forum come Phica o sui gruppi Telegram sono infatti organizzati in cartelle: ciascuna intitolata con il nome della persona violata o con la categoria di riferimento "vip", "politiche", "cantanti" (nei gruppi Facebook di cui parliamo alcuni si chiamavano invece addirittura "cagne - nome e cognome" o "non sapevo fosse minorenne").

La decisione di denunciare senza una legge e poi di collaborare alla nascita della legge

Quando la legge era ancora un miraggio giuridico, Sabrina è stata tra le prime survivor a denunciare pubblicamente la diffusione non consensuale di foto intime in Italia: non solo un atto individuale, ma un gesto collettivo di resistenza. Tra abusi fisici e digitali, è riuscita a ottenere una condanna per l’ex partner e oggi offre la propria voce a chi attraversa lo stesso inferno. Ha scelto di non nascondersi e, tra podcast e testimonianze, ha trasformato la sua esperienza in un aiuto condiviso. E non solo quello: ha collaborato alla stesura del testo grazie al quale, oggi, esiste il reato. Anzi, alcuni degli elementi fondamentali del testo di legge sono una sua idea.

Il reato oggi è codificato nell'articolo 612-ter del Codice Penale ed è stato introdotto con la legge nota come “Codice Rosso”, entrata in vigore il 9 agosto 2019. 

La norma ha una struttura a doppio binario: il primo comma punisce chi, dopo aver realizzato o sottratto immagini/video privati sessualmente espliciti, li diffonde senza il consenso della persona ritratta (da 1 a 6 anni di reclusione e multa tra 5.000 e 15.000 euro), il secondo comma estende la pena a chi, pur non essendo l’autore originario, riceve tali immagini/video e li diffonde senza consenso con l’intenzione di recare danno alla vittima.

L'Iter della normativa prende le mosse dalla tragedia sociale a cui era necessario dare una risposta legislativa. Il clamore che ha trasformato il dibattito in legge nasce, in gran parte, dal caso Tiziana Cantone, 31enne che si è tolta la vita nel 2016 dopo la diffusione non consensuale di un video intimo divenuto virale (e la conseguente shitstorm).

Nello stesso mese, era settembre 2016, la proposta di legge parte della deputata Sandra Savino. Sabrina viene coinvolta nella redazione di un testo che possa essere incisivo, oltre che efficiente. Ad aprile 2019 la Camera approva all’unanimità l’articolo 612-ter nel disegno di legge “Codice Rosso”, il 17 luglio successivo il Senato approva la legge che entra in vigore il 9 agosto del 2019.