Nei primissimi istanti di vita dell’universo, ciò che oggi conosciamo come materia era ancora lontano dal formarsi. A regnare sovrano era un plasma densissimo e incandescente composto da quark e gluoni, le particelle fondamentali che oggi si trovano nei protoni e nei neutroni. Questo stato della materia, detto quark-gluon plasma, esisteva solo per una manciata di microsecondi dopo il Big Bang, prima che il raffreddamento dell’universo ne causasse la trasformazione in particelle stabili.
Ma come si comportava davvero questo plasma primordiale? A rispondere è un gruppo di ricercatori italiani, che ha pubblicato su Physical Review Letters uno studio in grado di gettare nuova luce su questa fase sfuggente della storia cosmica. Utilizzando una combinazione innovativa di simulazioni su reticolo e metodi statistici avanzati, gli scienziati sono riusciti a descrivere con maggiore precisione le proprietà termodinamiche del plasma originario e a quantificare l’effetto della forza nucleare forte, quella che tiene insieme i quark, in condizioni estreme.
Uno degli ostacoli principali nello studio del quark-gluon plasma è proprio la forza nucleare forte, che si comporta in modo complesso e imprevedibile a temperature elevatissime, rendendo inutilizzabili gli strumenti matematici convenzionali. Le equazioni che descrivono questa interazione, parte integrante della teoria della Cromodinamica Quantistica (QCD), non possono essere risolte con i metodi perturbativi classici, come invece accade con l’elettromagnetismo o la gravità.
Per superare questo limite, i fisici si sono affidati alla QCD su reticolo: un approccio che discretizza lo spaziotempo in una griglia per calcolare con precisione le interazioni tra particelle. Tuttavia, fino a oggi, anche questo metodo aveva un limite intrinseco: la temperatura massima simulabile era di circa 1 GeV, corrispondente a circa 11,6 trilioni di gradi Kelvin, molto al di sotto dei 165 GeV (quasi 2 miliardi di gradi Kelvin) necessari per descrivere le condizioni prima della transizione elettrodebole, quando le particelle acquisirono massa.
La svolta è arrivata grazie a una strategia introdotta nel 2022 dagli stessi ricercatori: combinare la QCD su reticolo con simulazioni Monte Carlo, che usano campionamenti casuali per affrontare problemi complessi. Simulando un universo semplificato con tre tipi di quark praticamente privi di massa, sono riusciti a esplorare un intervallo di temperature che va da 3 GeV fino a 165 GeV.
Grazie a questo approccio, il team ha potuto calcolare con precisione la densità di entropia del plasma, e da lì derivare pressione ed energia attraverso le leggi della termodinamica. Inoltre, affinando la risoluzione del reticolo quasi fino a zero, hanno ridotto significativamente gli errori dovuti alla discretizzazione, avvicinando i risultati alla realtà fisica continua del nostro universo.
Il risultato più sorprendente? Anche alle temperature più elevate simulate, i quark e i gluoni non si comportavano come particelle libere. La forza nucleare forte continuava a influenzarne il moto, molto prima di quanto finora ipotizzato. Questo suggerisce che l’interazione forte ha avuto un ruolo dominante fin dai primi attimi di vita del cosmo, molto più precocemente di quanto si pensasse.
Le nuove scoperte permetteranno ai fisici di migliorare ulteriormente i modelli cosmologici che descrivono la formazione della materia e l’evoluzione delle forze fondamentali. E non solo: dimostrano anche quanto possa essere potente l’integrazione di tecniche computazionali avanzate nello studio della fisica teorica. Naturalmente, come sottolineano gli autori, ci sarà bisogno di una maggiore potenza di calcolo per affinare ancora di più i risultati e affrontare scenari più complessi.