La possibilità che i computer quantistici possano già superare i sistemi tradizionali nell’intelligenza artificiale non è più soltanto una teoria. In un esperimento concreto, un gruppo di ricerca internazionale ha dimostrato che, anche con hardware ancora modesto, un sistema quantistico fotonico può battere le sue controparti classiche nel riconoscimento di dati, uno dei compiti chiave nei moderni algoritmi di machine learning.
La sperimentazione, coordinata dall’Università di Vienna e con il contributo del Politecnico di Milano e della società britannica Quantinuum, ha mostrato come un processore quantistico che sfrutta i fotoni — le particelle elementari della luce — possa classificare informazioni con maggiore precisione rispetto a un algoritmo classico, e con un dispendio energetico significativamente inferiore.
Il cuore della scoperta non è solo nella riduzione degli errori: ciò che sorprende è che tutto questo sia stato possibile con un dispositivo quantistico attuale, senza dover aspettare macchine futuristiche da milioni di qubit. Il fotone, che non produce calore né richiede energia elettrica come i tradizionali chip in silicio, offre un’alternativa concreta per affrontare uno dei problemi emergenti più pressanti dell’AI moderna: il suo crescente impatto ambientale.
L’AI infatti è sempre più energivora, soprattutto nei modelli più sofisticati. Le reti neurali di grandi dimensioni necessitano di enormi quantità di energia per essere addestrate e utilizzate. Ecco perché il risultato ottenuto con questo processore fotonico apre scenari del tutto nuovi: sistemi intelligenti che non solo sono più precisi, ma anche meno impattanti in termini di consumo energetico.
A differenza di molti studi teorici nel campo dell’AI quantistica, questa ricerca rappresenta una delle prime dimostrazioni pratiche in cui si osserva un vantaggio quantistico tangibile, al di fuori delle simulazioni. I ricercatori sono riusciti a isolare il contributo effettivo del sistema quantistico nel processo di classificazione, individuando con precisione le situazioni in cui l’hardware quantistico può fare davvero la differenza.
Philip Walther, che ha guidato il progetto da Vienna, ha spiegato che per certi compiti il sistema quantistico ha semplicemente commesso meno errori del concorrente classico. Zhenghao Yin, primo autore dello studio, ha aggiunto che questo risultato dimostra come le tecnologie quantistiche attuali possano già offrire prestazioni competitive.
Un altro elemento chiave emerso dall’esperimento riguarda l’efficienza energetica: il sistema fotonico consuma meno, perché sfrutta la luce invece dell’elettricità. Questo dettaglio tecnico ha un peso molto concreto, specialmente in un contesto in cui si discute sempre più di sostenibilità digitale.
Il lavoro, pubblicato sulla rivista Nature Photonics, segna un passo importante per identificare compiti specifici in cui l’AI quantistica può essere realmente applicata, senza aspettare il raggiungimento della cosiddetta “supremazia quantistica” generalizzata. Piuttosto che sostituire le tecnologie attuali, le integra, mostrando come l’AI e il calcolo quantistico possano coesistere e rafforzarsi a vicenda.