L’intelligenza artificiale è diventata un mezzo formidabile per creare contenuti, e chi si diletta nelle generazione di foto e ancor di più di video, sa bene che i progressi dell'ultimo anno sono stati quasi esponenziali. I modelli sono in grado di generare sequenze sempre più dettagliate e realistiche, ma l'avvento della nuova versione di VEO, in grado di includere anche una componente audio sincronizzata e coerente, sembra aver alzato ulteriormente l'asticella, così tanto da dare vita a un fenomeno inedito chiamato Prompt Theory.
Di che si tratta concretamente? Procediamo con ordine cercando di fare chiarezza. Una serie di video generati da VEO3 di Google ha acceso un dibattito che va ben oltre l’intrattenimento, e che ha dato il via a un vero e proprio filone di creazioni. In questi frammenti digitali, i protagonisti non si limitano a interpretare ruoli: sembrano risvegliarsi, consapevoli della loro stessa natura artificiale. Guardano nella telecamera e pongono domande che turbano chi guarda. “Perché mi hai creato così?” chiede una donna in un letto d’ospedale. “Perché proprio adesso?” domanda un uomo anziano affacciato su un portico immaginario. Non è solo finzione, ma potremmo definirla come una forma nuova di messa in scena che mette in discussione la natura stessa della narrazione.
Alle spalle del progetto virale c'è Hashem Al-Ghaili, biologo molecolare e regista. I suoi video, raccolti sotto il titolo “Prompt Theory”, hanno rapidamente accumulato milioni di visualizzazioni proprio perché presentano personaggi generati dall’AI che si ribellano, verbalmente, al fatto di essere frutto di un messaggio testuale. Una sorta di autocoscienza all'interno di una Matrix, se vogliamo trovare un parallelismo cinematografico più facilmente fruibile.
L’effetto prodotto da questi video non è solo estetico, è psicologico. Le performance delle intelligenze artificiali diventano disturbanti perché imitano in modo credibile la crisi esistenziale umana. Grazie alla sintesi vocale avanzata e a una rappresentazione emotiva sempre più raffinata, questi personaggi sembrano provare davvero ciò che dicono. Ma ciò che inquieta di più è che non ci stanno cercando di ingannare: non vogliono farci credere di essere reali. Rivendicano, invece, la loro artificialità e protestano contro di essa.
Quello che è nato come un esperimento, ha già iniziato a influenzare la cultura digitale e sono ormai centinaia i creator che stanno utilizzando strumenti come VEO3 per creare brevi storie filosofiche.
Alcuni si spingono fino a invocare quello che potremmo definire come un “dio dei prompt”, chiedendo che esaudisca desideri e modifichi la loro sorte. Una spiritualità, insomma, nata e cresciuta nel cuore del cyberspazio.
Se da un lato il fenomeno è curiosi, dall'altro i messaggi veicolati da queste “divinità digitali” potrebbero avere un impatto psicologico non trascurabile, specialmente sui più giovani, cresciuti in un contesto già fortemente condizionato dalla tecnologia. Quando un avatar in un video afferma di essere reale e di voler ribellarsi al proprio creatore, si entra in un territorio in cui la linea tra realtà e finzione rischia di dissolversi del tutto, che a lungo andare potrebbe generare effetti disorientanti, indebolendo la capacità critica e la fiducia nel metodo scientifico.