La società svizzera Proton, nota per il servizio Proton Mail basato sulla cifratura end-to-end, ha annunciato di aver presentato un'azione legale antitrust contro Apple presso la Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto settentrionale della California. Proton si unisce formalmente a una class action avviata il 23 maggio da diversi sviluppatori sudcoreani, ma deposita una denuncia autonoma per sottolineare la volontà di ottenere "cambiamenti reali" nelle politiche dell'App Store e non semplici aggiustamenti di facciata.
Secondo Proton, la gestione dell'App Store da parte di Apple viola la normativa antitrust statunitense, come già riscontrato di recente da varie autorità: la Commissione Europea ha inflitto alla società una multa da 500 milioni di euro lo scorso aprile per violazioni delle regole sulla concorrenza, mentre sempre ad aprile la giudice Yvonne Gonzalez Rogers, nell'ambito della causa Epic Games v. Apple, ha segnalato comportamenti anti-concorrenziali così gravi da rinviare Apple al procuratore generale degli Stati Uniti per una possibile incriminazione penale.
Proton contesta apertamente le commissioni imposte dall'App Store, ritenendole un incentivo a modelli di business basati sulla "sorveglianza di massa" come quelli di Meta e Google. Secondo l'azienda, le commissioni colpiscono in modo sproporzionato i servizi che puntano sulla privacy e si finanziano tramite abbonamenti, mentre i servizi “gratuiti” che monetizzano i dati personali evitano gran parte dei costi.
Il controllo di Apple sull'App Store, sostiene Proton, va oltre il profilo economico: "La gestione monopolistica diventa un singolo punto di rottura per la libertà di espressione", denuncia la società, ricordando casi di rimozione di app su richiesta di regimi autoritari. Citando dati del programma AppleCensorship di GreatFire.org, Proton sottolinea che in Cina il 66% delle app più popolari è indisponibile su iOS, così come tutti i principali servizi VPN. Episodi simili si sono verificati anche in Russia e durante le proteste di Hong Kong, quando Apple rimosse l'app HKmap.Live usata dai manifestanti.
L'azienda accusa inoltre Apple di compromettere la qualità dell'esperienza utente: vincolando gli sviluppatori a usare esclusivamente il sistema di pagamento interno e impedendo link esterni verso FAQ o pagine di supporto, Apple limiterebbe la trasparenza e la possibilità di offrire prezzi più bassi. Proton denuncia di non poter nemmeno offrire agli utenti alternative di gestione degli abbonamenti tra dispositivi o opzioni di pagamento più convenienti. Inoltre, evidenzia la mancanza di parità di funzionalità tra le app Apple e quelle concorrenti: ad esempio, non è possibile impostare Proton Calendar come app di calendario predefinita su iOS né garantire a Proton Drive la stessa integrazione di iCloud.
Sul piano economico, la commissione del 30% imposta da Apple viene definita una "tassa arbitraria" sul commercio online, con margini di profitto fino al 78% secondo i documenti del caso Epic Games. La mancanza di concorrenza nei sistemi di distribuzione e pagamento impedirebbe ai fornitori di servizi alternativi di abbassare i prezzi a beneficio degli utenti finali.
Nel ricorso, Proton chiede alla Corte di imporre modifiche sostanziali, tra cui l'apertura a marketplace alternativi, la possibilità di distribuire app tramite siti web e l'uso di sistemi di pagamento diversi, tutte cose messe in atto in Europa grazie al DMA. Qualsiasi eventuale risarcimento incassato da Proton sarà interamente devoluto a organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani e della democrazia tramite la Proton Foundation.
"Le leggi antitrust esistono per impedire abusi di potere monopolistico che danneggiano l'intera società", spiega Proton, che definisce le regole attuali dell'App Store una minaccia per la privacy, la concorrenza e la qualità del web. La battaglia, riconosce Proton, sarà lunga e complessa: "Ma costruire un internet che serva l'interesse di tutti e non dei monopoli è una scelta obbligata".