Quando l’ohana si spezza: il remake di Lilo & Stitch e la fine di una storia d’amore familiare in onore di un empowerment individualista

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(La redazione di fem) May 28, 2025 · 6 mins read
Quando l’ohana si spezza: il remake di Lilo & Stitch e la fine di una storia d’amore familiare in onore di un empowerment individualista
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Nel nuovo Lilo & Stitch, l’ohana, la famiglia al centro del cartone, si spezza: la sorellanza tra Nani e Lilo lascia spazio a una parabola di realizzazione individuale. Ma è davvero questo l’empowerment che ci ha fatto crescere? Un remake che, pur mantenendo l’aspetto esteriore del classico Disney, perde per strada la sua anima più profonda. Ci era mancata Cristina D'Avena: ecco che torna con la fantastica sigla per il FantaSanremo

Ohana si spezza: come il live-action di Lilo & Stitch ha smarrito l’anima del classico

C’è chi lo ha visto da bambino, chi da adolescente, chi lo ha riscoperto anni dopo. Lilo & Stitch per molti non è stato solo un film d’animazione: è una delle storie più toccanti che la Disney abbia mai raccontato. Parla di famiglia, di perdita, di ricostruzione. E lo fa con dolcezza, ironia, profondità. Per questo il finale del nuovo remake live-action ha colpito così tanto: non per la qualità tecnica o le scelte stilistiche, ma perché qualcosa di fondamentale sembra essere andato perduto. L’ohana, quel legame scelto e mai spezzato, non è più al centro della storia.

Le differenze nel finale tra il cartone e il remake: Lilo & Stitch

Da ohana a girlboss: la nuova favola liberale targata Disney

Attenzione, spoiler del finale: nel nuovo film, Lilo non resta con Nani. Dopo l’attacco alieno che distrugge la loro casa, viene affidata alla vicina Tūtū, mentre Nani parte per studiare biologia marina in California. Tutto si chiude con la promessa che continueranno a vedersi, e una scena tenera le mostra nascoste sotto le coperte, ancora unite. Ma il gesto, seppur amorevole, lascia l’amaro in bocca. Non perché non sia legittimo desiderare un futuro migliore, ma perché questa scelta, nel contesto di Lilo & Stitch, cambia tutto.

La visione del film si allinea a una certa idea di empowerment liberale, dove la realizzazione personale – spesso legata a carriera, studio, autonomia – prevale su tutto. È un messaggio molto presente nella cultura contemporanea, e non è intrinsecamente sbagliato. Ma in una storia che ha fatto della solidarietà, della cura reciproca e della famiglia non tradizionale la sua bandiera, suona stonato.

Ancor di più l'idea americano-centrica che per studiare biologia marina Nani non possa restare alle Hawaii (forse una delle riserve più ricche del mondo) ma debba per forza migrare in America, che viene ancora una volta dipinta come la culla della cultura e della civiltà, negando dignità al resto del mondo.

“Nessuno viene lasciato indietro”… tranne Lilo: il finale che divide i fan

Il cuore del cartone stava proprio in quella frase: “nessuno viene lasciato indietro o dimenticato”. Una promessa, ma anche una resistenza: contro lo Stato che voleva separarle, contro la solitudine, contro l’abbandono. Nel remake, però, questa stessa promessa viene riscritta. Quando Tūtū dice a Nani “non lasciarti indietro”, sembra che il messaggio si capovolga: prima vieni tu, poi chi ami.

È comprensibile, perfino umano, che Nani desideri un futuro diverso. Ma questo nuovo finale sembra chiedere agli spettatori di rallegrarsi per una decisione che, per molti, risulta emotivamente spaccata, contraria a quel senso di appartenenza e unione che ha fatto amare Lilo & Stitch a un’intera generazione.

Il liberalismo Disney ha il volto di Nani: carriera prima, legami poi

Nella sua versione originale, Nani era una ragazza sopraffatta, spaventata, imperfetta. E proprio per questo, profondamente reale. Aveva rinunciato a tutto per prendersi cura della sorellina. Non c’era eroismo nel suo gesto, solo amore, resilienza, e un desiderio ostinato di tenere unita la propria famiglia.

La Nani del remake, invece, viene accompagnata in una parabola individualista che la porta lontano: lontano dalla casa, dalla sorella, dalla comunità. Il film celebra questa scelta come un atto di emancipazione, ma lo fa senza interrogarsi sul costo affettivo e simbolico di questo distacco. Il messaggio che passa è quello di un’autonomia che vale più della connessione. Ma Lilo & Stitch non era questo.

Un remake senz’anima: quando il capitalismo clona senza creare

A colpire non è solo la scelta narrativa, ma l’impressione che il film manchi di un’anima. Il CGI è freddo, l’atmosfera perde i colori e il calore delle Hawaii, e le interazioni tra i personaggi sembrano meccaniche. Gli alieni, da creature bizzarre e affettuose, si trasformano in caricature. Persino Pleakley, che nel cartone si travestiva con entusiasmo, qui perde quella verve eccentrica e liberatoria.

Non è nostalgia, è coerenza: ciò che ha reso speciale il film del 2002 era la sua capacità di raccontare l’umanità nelle sue sfumature, l’ironia dentro il dolore, la magia nella quotidianità. Il remake, invece, sembra costruito per esistere, non per emozionare.

Dall’imperialismo ai servizi sociali: una storia più profonda di quanto sembri

Una delle scene più struggenti del cartone è quella in cui Lilo canta Aloha ʻOe, la dolce melodia composta dalla regina Liliʻuokalani, poco prima di essere deposta durante l’annessione delle Hawaii. Quella ninna nanna non è solo un addio, è un grido silenzioso di resistenza culturale. Nel contesto del remake, che mostra una bambina hawaiana separata dalla sorella e affidata a una nuova tutrice, è difficile non cogliere un’eco di quella storia. L’industria delle adozioni americana, spesso criticata per la sua dimensione commerciale e sistemica, affiora come sottotesto. Non è propaganda dichiarata, ma si avverte: quando l’amore familiare viene interrotto e presentato come progresso, qualcosa si spezza.

Gli alieni non fanno più ridere: quando l’umorismo diventa macchietta

Nel cartone, Jumba e Pleakley non erano solo buffi: erano profondi, teneri, strani nel miglior senso possibile. Il loro umorismo, a tratti assurdo, contribuiva a creare un universo dove anche gli “alieni” erano parte della famiglia. Nel remake, questo spirito si perde. Il regista ha raccontato che voleva far indossare un vestito a Pleakley, come nell’originale, ma ha poi rinunciato. “Ci ho provato”, ha detto.

Ma senza quel tocco di libertà espressiva, il personaggio perde spessore. Diventa solo un’altra figura comica senza implicazioni, senza affetto, senza spigoli. E in un film che parlava proprio di accoglienza, diversità e accettazione, questo è un piccolo grande vuoto.

Scena post-credits: il content marketing batte la narrazione

Il film si chiude con una scena a metà dei titoli di coda: Lilo chiama Nani, che le appare grazie a un portale e la raggiunge per abbracciarla. È un momento dolce, senza dubbio. Ma è anche un’estensione funzionale, che sembra esistere più per rassicurare il pubblico – “vedete, sono ancora insieme!” – che per aggiungere qualcosa alla storia.

È il segnale che Lilo & Stitch non è solo un film, ma un prodotto da cui ricavare sequel, contenuti extra, serie a tema. Tutto legittimo, certo. Ma quando la narrazione cede il passo alla serializzazione, l’emozione rischia di svanire.

Non è solo nostalgia, è un’eredità che merita rispetto

Chi è cresciuto con Lilo & Stitch sa quanto quel film sia stato importante. Ha insegnato che la famiglia non è solo quella di sangue, che l’amore può essere imperfetto ma tenace, che anche i più “strani” hanno un posto nel mondo.