In un panorama in cui i laptop per creativi sono spesso compromessi tra prestazioni, portabilità e design, Asus con il nuovo ProArt P16 H7606 (2025) alza l’asticella in ogni direzione. Una macchina pensata espressamente per chi lavora con immagini, video, grafica o contenuti AI, e che cerca potenza e flessibilità anche lontano dalla scrivania. Ma è davvero all’altezza delle aspettative? Vediamolo insieme in questa recensione.
INDICEDESIGN E COSTRUZIONELa prima cosa che colpisce appena si prende in mano l’Asus ProArt P16 (2025) è la sua sobrietà: questo non è un laptop che cerca di colpire con chissà quali estrosità, ma uno che comunica solidità, eleganza professionale e una certa discrezione estetica. In un’epoca in cui anche molti portatili “pro” non rinunciano a qualche nota RGB o finiture appariscenti, qui ASUS fa una scelta controcorrente: tutto nero, opaco, lineare. E funzionale.
Il telaio è interamente in lega di alluminio anodizzato, con una superficie sabbiata che restituisce al tatto una sensazione molto simile a quella dei MacBook, ma leggermente più secca. La finitura è opaca e trattata per resistere alle ditate, e in effetti nella pratica si sporca davvero poco: anche dopo ore di lavoro intenso, l’unica zona che richiede pulizia regolare è quella dei keycap, dove le superfici più lisce tendono ad accumulare tracce di unto. Il coperchio è rigido, con pochissima flessione, e lo stesso vale per il poggiapolsi e per la base inferiore: si percepisce subito che si tratta di una macchina costruita per durare.
L’ingombro è ben ottimizzato per un 16 pollici: 35,5 x 24,7 cm di superficie, spessore tra 15 e 17 mm e un peso di circa 1,85 kg. Non è un ultrabook, certo, ma considerando la scheda grafica dedicata, il raffreddamento a tre ventole e il display OLED, la portabilità resta molto buona. Il caricatore da 200 W è una bella mattonella (ma non eccessivo considerata la potenza erogata ), e usa un connettore proprietario squadrato che, pur robusto, sporge leggermente a lato e complica un po’ il cable management.
Uno degli aspetti più riusciti di questo chassis è il feeling di coerenza tra materiali e scelte funzionali. Le cerniere, ad esempio, sono fluide e ben bilanciate, permettono di aprire il display con una sola mano ma non oltre i 130°: è forse l’unica nota stonata se parliamo di ergonomia, soprattutto se si lavora spesso in piedi o su supporti inclinati. La base ha piedini gommati stabili e un sistema di ventilazione che soffre un po’ quando il portatile è appoggiato su superfici morbide, ma migliora sensibilmente appena si usa un supporto rialzato.
Sul fronte della robustezza strutturale, ASUS ha certificato il P16 secondo lo standard MIL-STD-810H. Ovviamente non è un rugged, non è impermeabile e non sopravvive a chissà quali cadute estreme, ma per chi si muove spesso tra set, co-working, studi fotografici o aule universitarie, questa solidità aggiuntiva è un plus reale.
Ultimo, ma non meno importante: l’estetica "anonima" è qui un vantaggio competitivo. In ambienti di lavoro misti o condivisi, il P16 passa inosservato. Non dà fastidio. Non attira attenzioni indesiderate. È esattamente il tipo di portatile che puoi usare in una sala montaggio, in un’aula universitaria, durante una conferenza stampa o in un’intervista senza sembrare un gamer in trasferta o un influencer a caccia di like.
Uno dei segni distintivi del ProArt P16 è la scelta delle porte. In un mondo dove molti laptop riducono il numero di connettori per inseguire la sottigliezza a tutti i costi, ASUS sceglie la via della funzionalità. Sul lato sinistro troviamo: una USB-C 4.0 con supporto a DisplayPort, ricarica Power Delivery e trasferimento dati ad alta velocità, una USB-A 3.2 Gen 2, una porta HDMI 2.1 e jack audio combo da 3.5 mm. Sul lato destro, invece un’ulteriore USB-C 3.2 Gen 2, sempre con DisplayPort e Power Delivery, una seconda USB-A 3.2 Gen 2 e il lettore di schede SD Express 7.0, una vera rarità nei laptop moderni. Insomma, c’è tutto quello che serve a parte una porta Ethernet RJ45 che, tuttavia, può essere mitigata dalla presenza dell’adattatore USB in confezione.
Tastiera e touchpad
La tastiera del ProArt P16 segue la filosofia minimalista dell’intero progetto: niente tastierino numerico, niente RGB, niente effetti software o macro gaming. È una ANSI layout classica (quindi Enter a L, Shift sinistro esteso, tasti freccia separati) pensata per offrire chiarezza, feedback e affidabilità in scrittura, senza distrazioni.
La corsa dei tasti è intorno a 1,7 mm, molto simile a quella dei MacBook Pro pre-butterfly. Il feedback è deciso ma mai duro, con una forza d’attuazione bilanciata e un ritorno rapido, che rende piacevole anche la scrittura prolungata di testi o codice. Il suono è smorzato, morbido, e questo rende il P16 adatto anche a ambienti silenziosi come sale montaggio, aule, call center, biblioteche o set. Buona anche la retroilluminazione chiara regolabile su tre livelli.
Il touchpad è enorme, in vetro, e si estende ben oltre lo standard di molti portatili da 16 pollici. La superficie è fluida ma non scivolosa, con un attrito calibrato per l’uso preciso in software creativi e un’ottima sensibilità ai gesti multitouch. Funziona perfettamente in tutte le gesture di Windows 11 e si adatta bene sia alla navigazione quotidiana che alla manipolazione di elementi grafici. Uno degli elementi distintivi della linea ProArt è il DialPad: un controller touch virtuale integrato nel touchpad, che simula una ghiera fisica rotativa e permette di regolare parametri in software compatibili come Photoshop, Lightroom Classic e Premiere Pro. Utile? Beh, se riuscite a farlo entrare nella vostre routine come un abitudine, un gesto consueto, allora sì, può aiutarvi a velocizzare e rendere più precise operazioni come lo zoom di una timeline o il ridimensionamento di un pennello.
DISPLAYLa scelta di un pannello 4K OLED su un laptop pensato per il mondo della creatività professionale non è una semplice questione di marketing. È una dichiarazione d’intenti. Asus lo sa bene, e infatti, tra le due opzioni disponibili per il ProArt P16 (2025), la configurazione con schermo da 16 pollici, risoluzione 3840x2400 e refresh rate a 60Hz si rivolge chiaramente a chi lavora con contenuti in alta definizione e pretende la massima fedeltà visiva già a livello nativo.
Questo display si presenta come uno degli elementi più riusciti del laptop. Il pannello OLED ha una resa cromatica eccezionale, con neri assoluti e contrasti profondi, come ci si aspetta da questa tecnologia. La risoluzione 4K UHD nel formato 16:10 si dimostra perfetta per attività come montaggio video, fotoritocco e compositing, offrendo uno spazio visivo ampio e dettagliato in ogni contesto. L’ampio margine verticale permette di lavorare comodamente con timeline, strumenti di regolazione o pannelli di controllo senza sacrificare lo spazio dell’immagine.
La fedeltà cromatica è un altro punto di forza. Il pannello copre il 100% dello spazio colore DCI-P3, con una calibrazione di fabbrica che garantisce una precisione cromatica con Delta E inferiore a 1. In ambito professionale, questo significa poter lavorare su contenuti video o fotografici con una corrispondenza colore estremamente affidabile, anche senza ricorrere subito a un monitor esterno di riferimento. Non raggiunge la copertura completa del gamut Adobe RGB, e questo potrebbe rappresentare un limite per i fotografi che lavorano in ambito fine art o per la stampa, ma resta comunque un pannello molto competitivo anche per questi usi.
Il pannello è touchscreen e supporta fino a 4096 livelli di pressione con penne compatibili MPP 2.0. Tuttavia, la scelta di Asus di non rendere lo schermo ribaltabile o inclinabile oltre i 130 gradi ne limita l’utilizzo come tavoletta grafica. È un peccato, perché le potenzialità ci sarebbero tutte: il pannello è reattivo, preciso e la resa visiva si presta perfettamente anche a disegno e illustrazione digitale. Ma senza una struttura convertibile, questa funzione rimane secondaria, più utile per gesti rapidi o interazioni occasionali.
Peccato poi per la finitura lucida che dona si maggior vividezza e contrasto ma, allo stesso tempo, tende a riflettere fonti luminose dirette, soprattutto in ambienti fortemente illuminati o all’aperto. La luminosità massima dichiarata è di 500 nit, anche se nei test reali il pannello si attesta poco sopra i 450 nit effettivi. È una soglia più che sufficiente per lavorare in interni e anche in ambienti con buona illuminazione. Ma in fin dei conti quello che rende questo display davvero adatto all’uso professionale è l’equilibrio tra risoluzione nativa 4K, fedeltà cromatica e comfort visivo.
HARDWARE E PRESTAZIONIQuando si parla di laptop per creativi, spesso il primo compromesso che si è costretti ad accettare riguarda le prestazioni. Il rischio è quello di ritrovarsi con una macchina che sulla carta promette bene, ma che al primo progetto 4K o al rendering di un'immagine complessa comincia a rallentare, a surriscaldarsi o—peggio ancora—a impuntarsi. L'Asus ProArt P16 (2025) invece fa esattamente il contrario: non solo mantiene le promesse, ma le supera in molte situazioni.
Il cuore del ProArt P16 è rappresentato dalla nuova CPU AMD Ryzen AI 9 HX 370, una soluzione a 12 core/24 thread con microarchitettura Zen 5 + Zen 5c e una NPU dedicata (XDNA) capace di eseguire fino a 50 TOPS. Questo processore si dimostra particolarmente adatto sia ai carichi multicore tradizionali (rendering, encoding) che alle nuove applicazioni AI-driven, come Copilot o strumenti creativi assistiti da intelligenza artificiale.
Il comparto grafico è altrettanto solido: a seconda della configurazione troviamo una NVIDIA GeForce RTX 5070 da 8GB. Il supporto a CUDA, OptiX e RT cores la rende perfetta per i software Adobe, DaVinci Resolve, Blender, Unreal Engine e altri tool professionali. Il chip integrato Radeon 890M entra in gioco nei carichi leggeri, riducendo i consumi.
Nei test sintetici, il ProArt P16 non delude, con risultati solidi in tutti i benchmark principali. Dal classico Geekbench passando per Cinebench 2024, fino a PCMark 10 e PugetBench (un test che misura le prestazioni con la suite Adobe, in particolare Photoshop e Premiere Pro); in tutte queste situazioni il ProArt P16 offre punteggi che si inseriscono ai vertici della sua categoria. L’unico punto un po’ meno brillante riguarda il test SSD, dove l’unità PCIe 4.0 si comporta bene ma non raggiunge le vette dei dischi PCIe 5.0. Detto ciò, nella pratica non si percepiscono rallentamenti o colli di bottiglia, e anzi, i caricamenti sono sempre rapidi, così come il trasferimento dati.
I numeri sono ottimi, ma è sul campo che il ProArt P16 dimostra il suo valore. In una sessione di montaggio su Premiere Pro, con footage in 4K log 4:2:2 10 bit, il laptop regge senza esitazioni: timeline fluida, rendering in tempo reale gestibile e esportazione rapida anche con LUT complesse. Certo, in alcuni momenti (soprattutto su clip multilivello con color correction pesante), si percepisce un lieve calo di reattività, ma niente che comprometta il flusso di lavoro.
Parallelamente è possibile lavorare in Photoshop, utilizzando overlay e titolazioni senza che il sistema mostrasse il minimo segno di cedimento. La gestione della memoria da 64GB LPDDR5X vi permette di tenere aperti diversi software Adobe, browser con molte schede, file RAW da 60MP e preview video 4K, tutto senza scatti. Anche in DaVinci Resolve, dove il carico sulla GPU è più consistente, la macchina si è comportata bene. L’editing, il color grading e l’esportazione di un progetto da 8 minuti in ProRes 422 sono stati completati in tempi vicini a quelli di un desktop con RTX 4080.
Tutta questa potenza, però, ha un costo. Il sistema di dissipazione—composto da tre ventole, cinque heatpipe e un TDP gestito fino a 120W—funziona bene, ma non è silenzioso. Durante le sessioni più intense, il rumore delle ventole è nettamente percepibile, soprattutto in ambienti silenziosi. Nulla di drammatico, ma è un elemento che lo distingue, in negativo, da soluzioni come il MacBook Pro con chip M3 Max, noto per la sua silenziosità quasi assoluta.
Il fondo del laptop, inoltre, tende a scaldarsi, specie nella zona centrale, dove in alcuni casi si sono registrati picchi di oltre 50°C. I piedini rialzati aiutano; pensate che appoggiando il laptop su una superficie morbida che li rende inefficaci, le temperature si alzano anche di ulteriori 10 gradi. Tuttavia sarebbe ancora meglio avere un sistema di supporto integrato che sollevi maggiormente la macchina durante l’uso da scrivania, magari usando lo stesso stratagemma della linea ZenBook dove, aprendosi, il display solleva il piano tastiera nella parte posteriore.
Pur non essendo pensato per giocare, il ProArt P16 con RTX 5070 è poi più che capace di reggere titoli tripla A. In test con Cyberpunk 2077, F1 2024 e simili, attivando le tecnologie NVIDIA come DLSS e Frame Generation, si riesce a giocare oltre i 100 fps con risoluzione QHD e dettaglio elevato.
WEBCAM, AUDIO E AUTONOMIAIl comparto multimediale, spesso trascurato nei laptop per creativi, qui è stato curato con attenzione. Il sistema audio è firmato Harman/Kardon e si compone di sei speaker con configurazione prevalentemente up-firing. La resa sonora è ampia, dettagliata e con una gamma dinamica che si avvicina sorprendentemente a quella di piccoli speaker da studio. Ascoltare musica mentre si lavora, montare video o presentare un progetto a un cliente diventa un’esperienza pienamente soddisfacente, anche senza cuffie.
Sul fronte visivo, la webcam Full HD con supporto IR svolge più di una semplice funzione di videoconferenza. Asus l’ha integrata con il sistema AiSense, che utilizza intelligenza artificiale per gestire funzionalità come il riconoscimento facciale, la regolazione automatica della luminosità dello schermo quando ci si allontana, il blocco del sistema in caso di assenza prolungata e la riattivazione al ritorno dell’utente. Tutto questo, in combinazione con Windows Hello, rende l’interazione con il sistema più naturale e sicura, oltre che più comoda.
Un plauso va anche al sistema di microfoni con cancellazione attiva del rumore basata su AI, utile non solo per call su Teams o Zoom, ma anche per chi registra contenuti vocali da utilizzare in video o podcast. L’integrazione con il software MyAsus consente di regolare questi parametri in modo granulare, intervenendo su noise gate, riverbero e qualità di registrazione.
Passando alla batteria, ci troviamo di fronte a una sorpresa positiva. Nonostante il profilo hardware altamente prestazionale, la macchina è riuscita a raggiungere quasi 13 ore di autonomia in riproduzione video in locale con luminosità al 50% e WiFi disattivato. In scenari più realistici, con luminosità al 70%, WiFi acceso e diverse app aperte in background e in uso (tra cui anche Photoshop e Lightroom, l’autonomia cala velocemente e si attesta intorno alle 6 ore, un dato comunque buono per una workstation di questo tipo. Va detto anche che, in fase di rendering o con uso prolungato della GPU, la durata scende ulteriormente, scivolando verso le 2-3 ore. Sì, rimane comunque una prestazione solida per chi lavora in mobilità o in esterna, magari durante un evento o un set fotografico, ma non si arriva ancora ai livelli di efficienza di un MacBook Pro che, a parità di condizioni, può arrivare a durare anche un paio d’ore in più.
CONCLUSIONITirando le somme è difficile non riconoscere all’Asus ProArt P16 (2025) un ruolo da protagonista nel segmento dei laptop creativi di fascia alta. Non si tratta solo di un dispositivo potente. Questo è un computer progettato con attenzione maniacale alle esigenze di chi lavora con i contenuti digitali: video editor, fotografi, grafici, motion designer, illustratori, architetti. Ma anche sviluppatori e tecnici che hanno bisogno di una piattaforma affidabile e scalabile.
Il paragone con il MacBook Pro 16” è inevitabile. Sotto molti aspetti, le due macchine si equivalgono: il Mac offre maggiore silenziosità, un display meno riflettente e un’ottimizzazione software eccezionale, mentre il ProArt P16 contrattacca con una maggiore possibilità di personalizzazione e di upgrade, una dotazione di porte decisamente più ricca, una maggiore flessibilità in ambienti misti (Windows/Adobe/DaVinci/Autodesk), e un prezzo decisamente più accessibile. A parità di configurazione di memoria, il ProArt può costare anche 1.000–1.500 euro in meno, a seconda della versione scelta.
Nel complesso, questo ProArt P16 è oggi una delle migliori workstation mobili Windows disponibili sul mercato. Non solo per le specifiche, ma per l’insieme di strumenti, ergonomia e filosofia progettuale. È il tipo di laptop che non ti fa perdere tempo nel configurare periferiche o adattatori, che si integra facilmente in qualsiasi setup professionale, e che ti permette di iniziare a lavorare, veramente, appena lo apri.
PRO E CONTRO Costruzione e materiali Ottima varietà di porte Display OLED di qualità Prestazioni elevate Abbastanza rumoroso quando si spinge Airflow da migliorare, specie in ingresso VIDEO