Recensione Google Pixel 10 Pro XL : tanti cambiamenti ma anche cose da migliorare

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HDblog.it Aug 27, 2025 · 38 mins read
Recensione Google Pixel 10 Pro XL : tanti cambiamenti ma anche cose da migliorare
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Ho passato l'ultima settimana in compagnia del Google Pixel 10 Pro XL. Lo so, non è molto tempo, ma parliamo di uno smartphone che, in fin dei conti, è cambiato davvero poco rispetto alla generazione precedente, sulla carta. Nel corso della lunga recensione troverete comunque doverosi approfondimenti su questioni come la GPU, le fotocamere, l'IA e molto altro.

Nelle prossime settimane arriverà la recensione del Google Pixel 10 base, che abbiamo deciso di posticipare per dedicarle più tempo e capire se alcune cose verranno migliorate. Quello sì che è un dispositivo quasi totalmente rinnovato: perde alcune funzioni "pro" (come il Wi-Fi 7 e le fotocamere principali identiche ai top) ma guadagna un teleobiettivo 5X.

Google ha infatti deciso finalmente di ridefinire la sua lineup:

  • I modelli Pro ora sono effettivamente più esclusivi con funzioni hardware, software e IA dedicate.

  • Il modello base, con le sue tre fotocamere, sembra un Pro agli occhi di un pubblico generalista.

  • Il futuro Pixel 10a avrà finalmente un suo perché, essendo l'unico con due fotocamere e altre rinunce.

Detto ciò, i Google Pixel 10 Pro sono diversi dalla precedente generazione per una serie di mirati affinamenti.

Il cuore dei nuovi Pixel, il chipset Tensor G5, viene ora prodotto da TSMC e non più da Samsung. Attenzione però: il modem, tanto discusso negli anni passati, è rimasto lo stesso chip Samsung che già trovavamo sui Pixel 9.

Oltre a questo, troviamo tanti piccoli miglioramenti:

  • La batteria è leggermente più capiente e la luminosità del display è aumentata.

  • Gli altoparlanti sono stati migliorati e ora sono protetti da griglie metalliche.

  • La lavorazione del logo Google sul vetro posteriore è più rifinita.

  • La rete satellitare è stata potenziata ed in futuro permetterà anche di effettuare chiamate e videochiamate via WhatsApp.

  • La stabilizzazione della fotocamera principale è leggermente migliorata.

Ah, e finalmente, ora abbiamo anche il Pixelsnap, il "MagSafe" ufficiale di Google basato sullo standard Qi2.

Ci sono anche alcune migliorie software esclusive per i Pixel 10, rese possibili dal nuovo hardware. La più importante riguarda la gestione fotografica: il "Pixel ISP", il nuovo processore d'immagine a bordo, è stato ottimizzato e il suo algoritmo stravolto per migliorare aspetti critici come la gestione del punto di bianco.

I precedenti Google Pixel 9, infatti, tendevano a riprodurre i bianchi con fastidiosi toni di blu/azzurro, costringendo l'utente a modificare a mano la temperatura prima dello scatto o a lavorare il file in RAW per correggerla.

Ora, finalmente, i Google Pixel tornano a essere quegli smartphone fantastici per il "punta e scatta": dispositivi utilizzabili da chiunque, con la certezza di ottenere un ottimo risultato senza bisogno di modifiche.

In tal senso, arrivano anche nuove funzioni di Intelligenza Artificiale, come il Camera Coach, che in italiano è stato tradotto come "Guida Fotografica". Abilitando questa opzione, possiamo farci guidare passo passo nella composizione dello scatto o ricevere idee creative, come ad esempio dove posizionare un soggetto o quale accessorio di scena utilizzare per arricchire la foto.

Non solo, perché arriva anche una IA locale all'interno della Google Camera, che si attiva automaticamente negli zoom oltre il 30X per ricreare i dettagli in modo artificiale, con l'obiettivo di ottenere scatti 100X accettabili.

Infine, come già analizzato nell'anteprima, arriva anche la funzione Auto Best Take, che corregge in automatico le espressioni del viso nelle foto di gruppo.

Ma prima di giudicare la qualità di queste nuove funzioni, parliamo del prezzo, che in realtà è identico all'anno scorso: il Google Pixel 10 Pro XL parte da 1299 euro per il taglio da 256GB e sale fino a 1689 euro per la variante da 1TB.

C'è un'importante novità che riguarda le memorie. Se vivete in America, sappiate che i modelli Pro con 512GB di storage o più avranno delle memorie esclusive zUFS (Zoned UFS). Si tratta di chip con specifiche simili alle UFS 4.0, ma ottimizzati per degradarsi meno nel tempo, una caratteristica fondamentale per un telefono che riceverà aggiornamenti per 7 anni.

In Europa, e nel resto del mondo, sui tagli da 256GB in su abbiamo finalmente le memorie UFS 4.0. Non sono le più rapide che abbiamo testato, ve lo anticipiamo, ma rappresentano comunque un enorme balzo in avanti rispetto alle UFS 3.1 delle generazioni precedenti.

INDICEDESIGN, MATERIALI ED ERGONOMIA

Il Google Pixel 10 Pro XL, così come il Pro più compatto, è quasi indistinguibile dalla precedente generazione. Certo, ci sono dei piccoli affinamenti: il vetro che protegge le fotocamere è un po' più ampio, il logo "G" ha una nuova finitura metallica e alla base ci sono delle eleganti griglie simmetriche per gli speaker. Ci sono anche nuove colorazioni, come la nostra in un bellissimo verde giada con dettagli dorati, ma le novità finiscono qui.

Quello che invece si sente, e non poco, è l'aumento di peso, che passa da 221 a 232 grammi. Con una cover si arriva facilmente a 250 grammi, rendendolo un bel "mattoncino" in mano.

Il Pro XL, tra l'altro, ha come unico vero vantaggio le dimensioni del display, dal momento che la batteria, seppur più grande, viene consumata più in fretta proprio dallo schermo più ampio. Se non necessitate di un pannello da 6.8 pollici, ha molto più senso virare sul Pixel 10 Pro standard, con il suo display da 6.3 pollici e un peso di 207 grammi, decisamente più contenuto.

Negli anni precedenti mi sono sempre lamentato del frame in metallo lucido dei Pixel Pro, preferendo quello opaco dei modelli base. Devo però ammettere che su un dispositivo così grande e pesante, questa finitura ha senso perché aumenta notevolmente il grip. Il Pixel 10 Pro è sì uno smartphone imponente, ma si tiene in mano molto bene e non dà mai l'effetto "saponetta". Rimangono, ovviamente, le perplessità sui micrograffi che si accumulano facilmente su questo tipo di superficie.

Una nota importante sulla compatibilità: il blocco delle fotocamere è stato leggermente riposizionato, quindi le cover della precedente generazione non sono più utilizzabili.

La vera sorpresa, però, è che le cover del Google Pixel 10 e del Google Pixel 10 Pro ora sono le stesse, dal momento che i due smartphone condividono praticamente la medesima scocca esterna, pur con lavorazioni differenti. Se in famiglia avete entrambi i modelli, potrete tranquillamente scambiarvi le cover all'occorrenza.

Presente, ovviamente, la certificazione IP68. Da noi in Italia troviamo ancora il carrellino per la SIM fisica (affiancata dall'eSIM), ma in alcuni paesi viene venduta una variante solo eSIM, come per gli iPhone in America.

Anni fa si parlava dei Google Pixel come di una "copia degli iPhone", ma non sono mai stato d'accordo. Trovo che abbiano un design molto originale e sono felice che sia rimasto pressoché invariato. Parliamo di uno smartphone unico e ormai iconico, ed è un bene che Google continui su questa strada senza stravolgimenti.

Peccato, forse, per le colorazioni dei modelli Pro, un po' troppo serie e tutte simili tra loro. Il rosa pastello della precedente generazione era una "chicca" che, a mio parere, attraeva anche un vasto pubblico femminile. Quest'anno, l'onere di portare un po' di brio spetta al Pixel 10 base, con il suo perfetto mix di colori sgargianti e giocosi.

Una chiusura obbligatoria di questo capitolo va fatta sul fattore "MagSafe", anzi, "Pixelsnap". Sì, Google ha finalmente integrato una funzione simile a quella di Apple, basata sullo standard Qi2, che ha ribattezzato con un nome proprietario. Proprio come sull'iPhone, sotto il vetro posteriore (un Gorilla Glass Victus 2) troviamo ora dei magneti circolari.

Google, Samsung e OnePlus stavano già da tempo esplorando questo standard con cover e accessori dedicati, ma solo Google ha avuto il "coraggio" di integrare i magneti direttamente all'interno dello smartphone. Questo fa tutta la differenza del mondo e, cosa più importante per molti, significa che gli accessori MagSafe già esistenti funzionano alla perfezione.

Finalmente potrò usare il mio caricatore wireless di OnePlus, creato per il MagSafe, su un dispositivo Android. Ironico, non trovate?

IL DISPLAY ANCOR PIÙ LUMINOSO

Era difficile migliorare uno dei migliori display in circolazione, ma Google c'è riuscita, andando a rendere quel picco di luminosità, che nell'uso quotidiano si avvicina ai 2400 nit, omogeneo su tutto il pannello.

Partendo dalle basi: il Google Pixel 10 Pro XL ha uno schermo da 6.8 pollici LTPO OLED, chiamato da Google "Super Actua Display". Cosa cambia rispetto all'"Actua Display" del Pixel 10 base? Che qui, essendo "Super", abbiamo il supporto alla tecnologia LTPO, e quindi il refresh rate può scendere dinamicamente da 120Hz fino a 1Hz, risparmiando batteria.

La luminosità di picco dichiarata è di 2300 nit in HBM (rispetto ai 2000 della generazione precedente) e addirittura 3300 nit in HDR. Parliamo, onestamente, di numeri un po' frivoli: nell'uso reale, oltre i 1600 nit non c'è un vantaggio così percepibile. Comunque, ci troviamo di fronte a un pannello eccellente.

Su applicazioni come Netflix troviamo il supporto all'HDR10 e all'HEVC, ma manca ancora il Dolby Vision. Un'altra pecca è la profondità colore, ancora ferma a 8-bit, mentre quasi tutti i competitor (esclusa Samsung) sono ormai passati a pannelli a 10 o 12 bit.

Google, quindi, cerca di catturare l'attenzione con picchi di luminosità astronomici, ma si perde un po' negli aspetti "secondari". Spesso i pannelli di Xiaomi, OPPO o Vivo, pur essendo meno luminosi, puntano di più sull'affidabilità dei colori, sulla personalizzazione e sul supporto a standard più diffusi.

Un punto a favore, però, c'è: i Google Pixel 10 Pro, al contrario di iPhone e Samsung, non soffrono di quel fastidioso "risparmio energetico" che riduce aggressivamente la luminosità del display per gestire le temperature.

Parlando di metodi di sblocco, è da segnalare come sempre la presenza dello sblocco con il riconoscimento del volto "sicuro". I Google Pixel non hanno un sistema 3D hardware come quello di iPhone o di Honor, ma grazie all'Intelligenza Artificiale e al chip di sicurezza Titan, possono comunque usare il volto per autorizzare operazioni bancarie e pagamenti.

Chiaramente, a questo si affianca anche lo sblocco tramite il sensore di impronte digitali a ultrasuoni, posto sotto il display, che si conferma rapido e affidabile in ogni condizione.

FOTOCAMERA CHE NON VINCE.. SI OTTIMIZZA!

Siamo abituati a vedere continui cambiamenti hardware sugli smartphone cinesi, soprattutto quando si parla di fotocamere. Google, invece, segue una strada differente, mantenendo lo stesso hardware della generazione precedente ma migliorandolo radicalmente grazie al nuovo processore d'immagine, il "Pixel ISP".

Questo si traduce in migliorie software mirate, come una stabilizzazione ancora più efficace sulla fotocamera principale (che affianca l'OIS) e funzioni come lo "Zoom Pro": un'elaborazione per gli scatti oltre il 30X che, tramite un'IA locale, ricostruisce i dettagli per rendere le foto ad altissimo ingrandimento molto più definite.

NOTARE LE SCRITTE COME "SIXTH" CHE VENGONO ROVINATE DALL'AI, RISPETTO LA FOTO DEL PIXEL 9 PRO.

Questa funzione ci mostra un confronto "prima" e "dopo", facendo sembrare il miglioramento un vero e proprio miracolo. In alcune situazioni lo è, e l'IA riesce a pulire il rumore e a ricostruire la scena in modo eccellente. In molti altri casi, però, il risultato è piuttosto dozzinale: dettagli come eventuali scritte, ad esempio, vengono "pasticciati" dall'algoritmo e diventano illeggibili.

Ma c'è di più. Scattando con un Pixel 9 Pro (che non ha questa funzione), si nota una cosa interessante: l'immagine del "prima" mostrata sul Pixel 10 Pro è in realtà una foto quasi grezza, priva del minimo intervento software tipico di qualsiasi smartphone. È nettamente peggiore di uno scatto analogo fatto con un Pixel 9 Pro.

La conclusione qual è? Che spesso, gli scatti a 30X del Pixel 9 Pro (senza la nuova IA) sono del tutto sovrapponibili a quelli del Pixel 10 Pro (con la nuova IA). L'effetto "miracolo" è dato da un confronto volutamente impari, non sempre da un reale e netto passo in avanti.

ALCUNI ZOOM 100X FUNZIONANO BENISSIMO SUL NUOVO PIXEL 10 PRO (XL)

Questo "stratagemma" è stato applicato anche da altre aziende, come Honor ed OPPO, per mostrare quanto l'IA sia incredibile nel ricostruire i dettagli, quando alla fine un Magic 6 Pro, con la sua classica elaborazione, otteneva già risultati molto simili.

Perché tutto questo discorso? Perché se la nuova IA sbaglia a elaborare la foto, vi ritrovate con due scatti pessimi: quello grezzo di partenza e quello "pasticciato". Con la precedente generazione di Pixel, invece, si otteneva quasi sempre un risultato accettabile.

A mio parere, la soluzione sarebbe semplice: basterebbe che il Pixel 10 Pro elaborasse prima lo scatto a 30X con il metodo affidabile della passata generazione, per poi offrire, come opzione aggiuntiva, anche la versione con i dettagli ricreati dall'IA.

Parliamo ora di sostanza. L'hardware fotografico, sebbene simile alla generazione precedente, è stato affinato in ogni sua componente. Ecco la configurazione nel dettaglio:

  • Fotocamera Principale (50MP): Il sensore rimane l'ottimo Samsung Isocell GNK da 1/1.31", con un'apertura focale di f/1.68. La stabilizzazione ottica (OIS) è stata migliorata e lavora in sinergia con quella elettronica, mentre la messa a fuoco è gestita da un sistema laser e Dual-Pixel PDAF.

  • Fotocamera Ultra-grandangolare (48MP): Utilizza il sensore Sony IMX858 da 1/2.55". L'apertura è una luminosissima f/1.7, la stabilizzazione è solo elettronica (EIS) e la messa a fuoco è di tipo PDAF multidirezionale.

  • Teleobiettivo 5X (48MP): Condivide lo stesso sensore Sony IMX858 della grandangolare, effettuando un piccolo ritaglio probabilmente per migliorare la stabilizzazione. L'apertura è di f/2.8, la stabilizzazione è ottica (OIS) e anche qui troviamo un autofocus PDAF multidirezionale.

Le foto ottenute con la fotocamera tele sono sicuramente le più suggestive, ma richiedono scenari adeguati e non sono sempre pratiche nell'uso di tutti i giorni. Rimane infatti quel "buco" tra lo zoom 1X e quello 5X, che viene compensato da un semplice zoom digitale incapace di garantire una buona qualità, soprattutto oltre il 3X. Nella sequenza di scatti, ad esempio, si nota come la foto del McDonald's, scattata a 2X, sia nettamente più sgranata e meno qualitativa delle altre.

Anche la fotocamera ultra-grandangolare non la utilizzerete spesso, essendo in molti casi quasi sovrapponibile alla già molto ampia fotocamera principale. Questo è un problema comune a quasi tutti gli smartphone, con l'eccezione di modelli come il Vivo X200 Ultra e i Nubia Z, voci fuori dal coro che speriamo facciano tendenza con le loro fotocamere principali da 35mm, che creano una migliore separazione con le ottiche grandangolari.

Finalmente non c'è più il rischio di scattare ritratti o foto al cibo con uno strano bilanciamento del bianco che vira al blu, come vi raccontavo in apertura. Tutte le foto che vedete in questa recensione sono state ottenute in JPG, con scatto automatico a 12MP, senza cambiare alcuna impostazione: in pratica, nel modo in cui il 90% delle persone utilizza uno smartphone come il Pixel.

Per chi vuole il massimo controllo, c'è ovviamente l'opzione per scattare in RAW, con un profilo colore dedicato. Attenzione, però: in questa modalità vi perderete per strada alcune delle migliori funzioni computazionali, come il nuovo Zoom Pro, e l'elaborazione software del file finale sarà meno "profonda" rispetto a quella applicata al JPG standard.

Ci sono, quindi, molte differenze rispetto al Pixel 9 Pro? Escludendo quelle che vi ho appena raccontato, la risposta è no. Onestamente, credo che il 99% delle persone farebbe fatica a distinguere uno scatto del Pixel 9 Pro da uno del nuovo Pixel 10 Pro.

Nella foto scattata all'Italo Club Lounge, per esempio, zoomando si può notare come sul vecchio modello le scritte e i dettagli siano leggermente più "quadrettati", più digitali. Sul nuovo Pixel 10 Pro, invece, l'immagine è più armonica e meno "finta", pur rimanendo altrettanto dettagliata.

È una differenza netta? Sì, ma solo se visualizzate le foto su un monitor da 32 pollici. Sullo schermo dello smartphone, distinguerle è una missione quasi impossibile. Questo è anche merito di Google, che aggiorna costantemente l'app Fotocamera: le foto che un Pixel 9 Pro scatta oggi sono molto migliori di quelle che scattava un anno fa.

Un Video Boost 8K che non va oltre il 360P

I video sono veramente migliorati così tanto? Beh, un po' sì, ma non troppo. Il 4K/60fps con HDR, così come l'8K, è possibile sfruttarlo ancora e soltanto tramite il "Video Boost", quella funzione che elabora i filmati sui server di Google e non sullo smartphone.

Il Tensor G5, quindi, non è ancora in grado di gestire task che uno Snapdragon 8 Gen 2 faceva già anni fa. O forse, più cinicamente, Google ci "invoglia" a usare il suo cloud. In ogni caso, per l'utente finale, non c'è nulla da festeggiare.

Ad oggi, infatti, il Video Boost è pressoché inutilizzabile. Oltre al processo già di per sé tortuoso per recuperare le clip dal cloud, ora si è aggiunto un nuovo problema: molti utenti, me compreso, stanno riscontrando che i video "boostati" presentano un fastidioso effetto "tremolio a ondine" e una qualità finale peggiore di quella che avremmo ottenuto registrando normalmente con l'hardware del telefono.

IL VIDEO CONDIVISO SULLA PAGINA DEL SUPPORTO UFFICIALE DI GOOGLE DA UN UTENTE CHE HA RISCONTRATO IL NOSTRO STESSO ESATTO PROBLEMA

Abbiamo chiaramente segnalato questa problematica a Google fin dai primi giorni, essendo un bug che stavamo già monitorando da un mese sul Pixel 9 Pro. Ad oggi, però, non c'è stato ancora un fix ufficiale né una spiegazione, anche se speriamo che la nostra segnalazione acceleri una soluzione.

In ogni caso, non si acquista un Pixel per una funzione come il Video Boost. Tra la registrazione e la consegna del video finale possono passare ore, e nell'era della condivisione istantanea è difficile persino spiegare il senso di un'attesa simile al grande pubblico. Se poi la funzione inizia anche a produrre risultati difettosi, diventa inutile persino per quella nicchia di utenti "Pro" a cui si rivolge.

Il problema più grave? Non c'è possibilità di ri-elaborare il filmato: una volta processato, quello è. Se il risultato non vi piace, avete praticamente buttato via il video, dato che la copia di anteprima che rimane sul telefono è in bassa risoluzione e super compressa.

IL TELEOBIETTIVO 5X DEL PIXEL 10 PRO XL SI PUO' AVVICINARE COSì TANTO AI SOGGETTI SOLO CON FOCUS MANUALE

IL TELEOBIETTIVO HA LENTI DIFFERENTI?

Sulla carta non ci sarebbero altre differenze, ma attenti: nella vita reale, il nuovo Google Pixel 10 Pro ha una distanza minima di messa a fuoco sul teleobiettivo quasi dimezzata! Ora possiamo mettere a fuoco a circa 30 cm dal soggetto con l'ottica 5X, mentre con il precedente Pixel 9 Pro serviva quasi il doppio della distanza. La differenza, come potete notare, è enorme. Non siamo ancora ai livelli di un vero telemacro come quello di Xiaomi o Vivo, ma ci stiamo avvicinando.

Per darvi un'idea, con un iPhone 16 Pro dovete stare ad almeno 100 cm dal soggetto per mettere a fuoco con il 5X. Questa novità rende il teleobiettivo di Google molto più versatile nel quotidiano, ad esempio per foto a prodotti o al cibo.

Attenzione però a un fatto tanto strano quanto assurdo: questa distanza minima si raggiunge solo con la messa a fuoco manuale; quella automatica non ci riesce. Assurdo? Sì, una classica "Googlata", come potremmo definirla.

PRESTAZIONI, BATTERIA ED ESPERIENZA D'USO

Il nuovo Google Tensor G5 a 3nm, prodotto da TSMC sul nodo N3P, fa davvero così tanta differenza rispetto al precedente Tensor G4 di Samsung? Sì, ma con delle precisazioni. Il passo in avanti è notevole se parliamo di una CPU più efficiente nei consumi e, soprattutto, del lato TPU per l'intelligenza artificiale. Le nuove funzioni come "Zoom Pro", infatti, girano interamente con un'IA locale e lo fanno in modo incredibilmente rapido ed efficace.

Non è però tutto oro quel che luccica. La struttura della CPU, infatti, è rimasta quasi invariata: abbiamo un core Prime a 3.78 Ghz, cinque Performance core a 3.05 Ghz e due Efficiency core a 2.2 Ghz. L'aumento di potenza, che nell'uso quotidiano può arrivare fino al 34%, è stato ottenuto principalmente aumentando le frequenze e trasformando due dei vecchi core "efficiency" in core "performance".

Resta in ogni caso il gap prestazionale con gli altri SoC top di gamma. Lo Snapdragon 8 Elite e il Dimensity 9400 hanno infatti adottato architetture "All Big Cores", e persino l'Apple A18 Pro, pur mantenendo i core ad alta efficienza, risulta un passo avanti rispetto alla struttura scelta da Google, ancora un po' ancorata al passato.

Lato GPU, poi, c'è un vero mistero. Google ha deciso di abbandonare le ARM Mali per una PowerVR prodotta da Imagination, nello specifico la DXT-48-1536. La scelta è dubbia, perché Imagination non ha ancora rilasciato la sua nuova e attesissima architettura "EXT", quindi Google si è probabilmente dovuta "accontentare" di una GPU di precedente generazione.

Ma come va? E perché questa scelta sta facendo così tanto parlare di sé?

I precedenti Google Pixel, pur non essendo campioni di performance nel gaming, grazie alle GPU Mali di ARM avevano un'eccellente copertura di driver e quindi una buona ottimizzazione. D'altronde, è risaputo: un hardware fantastico con un software pessimo è peggio di un hardware mediocre con un software fantastico.

Ecco, le GPU PowerVR non brillano affatto per ottimizzazione software. Sono molto meno diffuse rispetto alle Adreno di Qualcomm o alle Mali di ARM e, di conseguenza, sono sempre l'ultima ruota del carro sia nel mondo del gaming che in quello dell'emulazione.

Per darvi un'idea concreta, ad oggi Genshin Impact, uno dei giochi più popolari al mondo, dichiara ufficialmente tra i suoi requisiti che potrebbero esserci incompatibilità con le GPU PowerVR.

LE GPU POWERVR: IL RITORNO DI IMAGINATION

Molti di voi ricorderanno le GPU PowerVR perché alimentavano i primi iPhone (fino all'A10), ma anche console iconiche come la PS Vita e il Dreamcast. Dopo che molti dei suoi ingegneri migliori sono passati ad Apple per sviluppare le GPU integrate, l'azienda è stata acquisita da un fondo cinese, rimanendo competitiva ma perdendo il suo dominio sul mercato.

Quindi, perché questa scelta? Ci sono tre ipotesi:

  1. Un azzardo sul futuro: Google potrebbe aver risparmiato sui costi, scommettendo su un grande ritorno di Imagination. La GPU DXT-48-1536 ha ancora potenziale da esprimere (come il ray tracing) e ampi margini di ottimizzazione. È una mossa che prepara il terreno ai Pixel 11, che potranno sfruttare la nuova architettura "EXT", in arrivo a fine 2025 e pronta per la produzione di massa nel 2026.

  2. Sinergia con l'Intelligenza Artificiale: Le nuove PowerVR hanno un'architettura differente da Mali e Adreno, che risulta essere particolarmente efficiente nei task di IA, potendo affiancare la TPU di Google in modo ottimale.

  3. Scalabilità: Entreremmo in un discorso molto complesso, ma la sua architettura scalabile potrebbe essere un ulteriore, importante motivo dietro questa decisione strategica.

Cosa otteniamo, quindi, nella prova dei fatti? Che titoli come Honkai Star Rail... ad oggi girano peggio che su un Google Pixel 9 Pro. In alcune scene i frame crollano ed è un limite evidente dei driver e dell'ottimizzazione, non della potenza della GPU. Lo si capisce dal fatto che il telefono non è minimamente in sofferenza, né come temperature (mai oltre i 44°C dopo più di un'ora e mezza di gioco) né come carico di sistema.

Ogni gioco, ad oggi, potrebbe risultare mal ottimizzato. Il futuro, però, è dalla parte di Google. Probabilmente è per questo che l'azienda ha pubblicizzato i miglioramenti di CPU e TPU, ma non quelli della GPU: manca l'ottimizzazione e, senza di essa, è meglio tenere i piedi per terra.

Non è un caso isolato. Anche Samsung, con le sue GPU AMD su Exynos, ha avuto e ha tuttora noie di ottimizzazione. Basti pensare che Diablo Immortal, fino a pochi giorni fa, non si avviava neanche. La situazione migliora, ma lentamente.

La speranza è che, essendo i Pixel ormai molto diffusi, gli sviluppatori verranno incentivati a supportare la nuova architettura. Probabilmente nel giro di 6-12 mesi la situazione sarà nettamente migliorata, preparando così il terreno per i futuri Google Pixel 11 e la loro, si spera, nuova GPU PowerVR "EXT".

Se da un lato, quindi, Google potrebbe aver siglato un accordo vantaggioso con Imagination per le promettenti GPU future, dall'altro la scelta potrebbe essere stata "imposta", come si leggeva in un articolo di Android Authority di mesi fa. In quel leak si parlava di come Google non riuscisse a sostenere i costi di produzione dei Tensor e che, dal G4 al G6, si sarebbero dovuti accettare dei compromessi.

A mio parere, non credo che Google agisca senza una strategia precisa. Un futuro Pixel 11 con una GPU meno potente di quella attuale, sarebbe un autogol troppo evidente.

È più probabile un'altra ipotesi: che questo sia un compromesso mirato per ottimizzare al massimo AI, CPU e TPU, il vero focus dei Pixel. Magari, per il Tensor G6, Google adotterà una struttura "All Big Cores" come Mediatek, passando a un processo produttivo a 2nm. Questo è probabile, ma lo scopriremo solo il prossimo anno.

LA BATTERIA E LA RICARICA

Questo Google Pixel 10 Pro XL monta una nuova batteria da 5200mAh, con una ricarica rapida via cavo da 45W(standard PD 3.0) che permette di arrivare dallo 0% al 70% in circa 30 minuti. Via wireless, abbiamo 25W con il supporto magnetico Qi2 e, funzione molto apprezzata, è presente anche il bypass charging per alimentare il telefono direttamente dalla presa durante l'uso intenso, senza degradare la batteria.

Curiosamente, anche il precedente Google Pixel 9 Pro XL, con la sua ricarica a 37W e una batteria più piccola da 5060mAh, raggiungeva il 70% in 30 minuti. Questo significa che il nuovo sistema, pur mantenendo tempi simili, è più efficiente, dovendo ricaricare una batteria più grande.

È da notare come il Google Pixel 10 Pro, non XL, abbia una batteria da 4870mAh. Sebbene sia più piccola di quella del modello XL, grazie al display di dimensioni più contenute riesce a garantire una durata effettiva leggermente maggiore, o comunque identica.

Questo è un aspetto che avevamo riscontrato anche nella precedente generazione e che apprezziamo molto: Google non penalizza eccessivamente le batterie sui modelli più piccoli, a differenza di Apple, dove un iPhone Pro è molto più limitato di un iPhone Pro Max.

Il modello non XL, però, ha una ricarica sensibilmente più lenta: 30W via cavo e 15W in wireless, che garantiscono al massimo il 55% di carica in 30 minuti.

Il Google Pixel 10 Pro XL si è rivelato un ottimo compagno di viaggio e di vacanze. Come mostrano i grafici, è in grado di coprire tranquillamente le 4 ore di gaming anche con un titolo poco ottimizzato, come quello che abbiamo analizzato.

In un test specifico di 48 ore, divise tra 24 in Wi-Fi e 24 sotto rete dati, siamo riusciti a coprire due giornate intere di utilizzo misto, arrivando a sera con ancora il 12% di autonomia residua (con il risparmio energetico attivato automaticamente al 20%). Un risultato eccellente.

Mettendo lo smartphone sotto stress durante i miei viaggi, con molta navigazione su Mappe, tante foto e video, ho sempre raggiunto tra le 4 ore e mezza e le 6 ore e mezza di display acceso. Il tutto con la SIM in roaming, la VPN di Google One spesso attiva e lo schermo a massima luminosità, con temperature estive.

Sono stati davvero pochi i momenti in cui ho notato un calo di batteria più sostenuto. Questo è accaduto principalmente durante gli spostamenti in treno, dove il modem Exynos 5400 soffre ancora un po' nell'aggancio e sgancio delle celle. È interessante notare come, viaggiando all'estero con reti dati più capillari, il problema non si sia presentato.

Questo dimostra come l'infrastruttura di rete sia un fattore chiave, soprattutto per i dispositivi che, lato modem, non rappresentano il vertice assoluto della categoria.

Non saprei farvi un paragone diretto con il precedente Pixel 9 Pro XL, ma la mia sensazione è che, in base agli utilizzi, abbiamo guadagnato al massimo un 5-10% di autonomia durante l'uso leggero dello smartphone.

Il vero salto in avanti del Tensor G5 si nota, e non poco, in due scenari specifici: quando lo si utilizza in modo impegnativo, sotto carico, e quando non lo si utilizza affatto, in standby. Nel primo caso, non ci sono più i drain anomali del passato; nel secondo, i consumi sono pressoché nulli.

Il nodo N3E, e ora quello N3P, di TSMC si conferma una garanzia da questo punto di vista, e ogni SoC che abbiamo provato prodotto con questo processo ce lo ha confermato.

ANDROID 16 ED IL CAMBIO DI GRAFICA

Il mese precedente ho utilizzato spesso il Google Pixel 9 Pro con Android 16 stabile e il Pixel 9 con la beta QPR, quella con l'"Expressive Design". I nuovi Google Pixel 10, invece, arrivano con Android 16 stabile che però include già l'Expressive Design derivato dalla beta.

Quando nella mia anteprima di Android 16 parlavo di "perdite di tempo", mi riferivo proprio a questo. È passato poco più di un mese e la versione stabile di Android 16 presente sui Pixel 9 è già stata resa "vecchia" da quella installata sui Pixel 10.

La domanda sorge spontanea: non avrebbe avuto più senso attendere un mese e rilasciare per tutti un'unica versione completa di Android 16, anziché creare quell'ibrido che è durato così poco sui modelli precedenti?

Escludendo queste considerazioni sulla strategia di rilascio, che interessano a pochi, la "Pixel Experience" su questi nuovi Pixel 10 è ottima e godibile. Include anche tanti bugfix a problemi che avevamo segnalato in passato.

Tuttavia, alcune noie storiche restano, come la scarsa ottimizzazione della modalità "Landscape". Quando si utilizza il telefono in orizzontale, app come Telegram non nascondono la barra di navigazione, e la barra di stato superiore non segue i colori dell'interfaccia, creando un effetto visivo davvero difficile da digerire.

Questa mancanza di ottimizzazione risulta assurda, soprattutto quando si nota la cura maniacale riposta in altri nuovi dettagli. Ad esempio, gli slider del volume e della luminosità ora sono molto più fluidi e meno "scattosi".

Le notifiche sono state ridisegnate: ora hanno grandi loghi per identificare subito l'app, sono visivamente separate meglio tra loro e presentano nuove animazioni quando le si elimina o le si apre. Anche il nuovo cassetto delle app ha una grafica stupenda, con una semi-trasparenza eccellente, azzeccata al primo colpo (vero, Apple?).

Belle e riconoscibili le "Icone a Tema", che si adattano ai colori dello smartphone, ma purtroppo, come già anticipato un mese fa, Google non ha ancora creato un convertitore automatico, a differenza di Apple o, per restare in ambito Android, di Nothing. Questo significa che tantissime app di uso quotidiano — Amazon, Vinted, Netflix, PayPal, e la lista è infinita — non hanno ancora un'icona a tema.

Abbiamo questa funzione, che è praticamente in beta dal Pixel 6 (cioè da quattro anni), e nessuno si è ancora degnato di risolvere il problema? Nothing l'ha fatto dopo un solo anno dal suo primo telefono, e parliamo di un'azienda minuscola, non di Google, che con le sue IA potrebbe creare un convertitore con uno schiocco di dita.

Il risultato? Attivare le icone a tema oggi riporta alla mente le prime versioni di Android, quando si installavano icon pack di dubbio gusto e c'era sempre quella manciata di app "orfane" che rovinava tutto, creando un ibrido visivo un po' pasticciato. Il design non è solo la Camera Bar sul retro: è anche, e soprattutto, l'interfaccia utente.

Molto bene, come sempre, i 7 anni di aggiornamenti garantiti. È vero che Google, a volte, introduce nuove funzioni software che non arrivano sui modelli precedenti, ma le patch di sicurezza e i "Pixel Feature Drop" assicurano comunque un'ottima esperienza anche a distanza di anni.

Tuttavia, bisogna essere chiari: 7 anni di aggiornamenti non significano 7 anni con tutte le nuove funzioni. Anzi. Con l'innovazione hardware che rallenta, l'unico modo per differenziare i nuovi smartphone è proprio attraverso esclusive software, riservate solo agli ultimi modelli.

Questo Pixel 10 Pro ne è la prova, con le sue funzioni dedicate: il Video Boost (che va corretto), lo Zoom Pro, il Camera Coach e altre ancora che, purtroppo, al momento non sono disponibili in Italia, e forse non lo saranno per un bel po'.

"Personal Context", "Magic Cue", "Conversational Editing", "Scam Detection", "Satellite SOS", "Next Gen Call Screen" e "Pixel Care Agent". Questa è solo una parte della lista di funzioni che, ad oggi, non sono disponibili in Italia/italiano e non hanno nemmeno una data di rilascio prevista. Arriveranno? Forse, ma stiamo ancora aspettando funzioni annunciate per i Pixel 9 e mai arrivate, quindi c'è poco da sperare.

Il punto è che avere un Google Pixel in America offre un'esperienza molto più immersiva ed esclusiva rispetto a quella che abbiamo noi in Italia. Certo, abbiamo Gemini Live e "Cerchia e Cerca", ma sono funzioni ormai presenti su tutti gli smartphone, iPhone inclusi. Per convincere un utente a scegliere un Pixel, serve qualcosa in più.

Il paradosso finale? Un Samsung Galaxy in Italia, con la sua Galaxy AI (basata sulla tecnologia di Google), offre paradossalmente più funzioni utili di quante ne offra Gemini su un Pixel. E questo, semplicemente, non va bene.

Sembra comunque che Google stia ancora cercando di creare una sua identità, e in quest'ottica arrivano nuove app preinstallate come "My Pixel", una guida rapida allo smartphone, e "Diario". Quest'ultima, proprio come quella di Apple, permette di annotare le nostre giornate con foto, luoghi e note vocali, ricevendo anche suggerimenti dall'IA e collegandosi a Google Salute.

Troppo poco? Probabilmente sì. E i sei mesi di Google One AI con Gemini Pro in regalo forse non bastano a compensare. Ciò che serve davvero è portare anche da noi l'IA di tipo "agentico", come la funzione "Magic Cue".

Forse, però, il limite non è Google, ma un fattore esterno: le stringenti regolamentazioni dell'Unione Europea in materia di Intelligenza Artificiale, che potrebbero rallentare l'arrivo di queste funzioni nel nostro continente.

RICEZIONE, SPEAKER E MICROFONI

Come già accennato, i Google Pixel 10 continuano a integrare il modem Exynos 5400 della precedente generazione. Ce lo ha confermato Google stessa, specificando che l'hardware è invariato ma il software è stato ulteriormente ottimizzato.

E al netto dei problemi del passato, l'Exynos 5400 è un buon modem, tanto che i Google Pixel 10 saranno i primi smartphone a supportare chiamate e videochiamate WhatsApp tramite connessione satellitare. Mica poco!

Calmate però gli animi: questa funzione dipenderà da accordi con specifici operatori telefonici che, almeno al lancio, molto probabilmente non saranno quelli italiani. Chi ha un Pixel 10 negli Stati Uniti, ad esempio, potrà accedere in anteprima alla rete T-Satellite (nata dalla collaborazione tra T-Mobile e Starlink) per navigare su Mappe, inviare SMS e contenuti multimediali. Questo servizio si estenderà ad altri smartphone da ottobre, ma solo con un Pixel 10 si potrà provare in anteprima.

Curiosità 02 Lug

Android 23 Ago

Insomma, come già detto, avere un Google Pixel fuori dall'America sblocca una marea di servizi in meno, servizi che iniziano a fare davvero la differenza. Funzioni come queste potrebbero convincere a passare a Pixel persino l'utenza statunitense più legata a iMessage, ma il nostro mercato ha chiaramente un impatto minore per meritarsi tali esclusive.

In ogni caso, è bene sapere che se acquisterete un Google Pixel 10, potrete comunque beneficiare di queste funzioni durante un viaggio all'estero nelle aree coperte.

Detto ciò, chiudiamo con una nota molto positiva: gli speaker sono stati migliorati e ora hanno un suono molto più bilanciato tra l'altoparlante inferiore e quello superiore. Anche i tre microfoni continuano a svolgere un lavoro egregio. In definitiva, il Pixel 10 Pro XL si conferma un ottimo "telefono", prima ancora di essere un ottimo smartphone.

PREZZO E CONCLUSIONI

Il Google Pixel 10 Pro XL arriva sul mercato allo stesso prezzo del precedente modello, ma, come abbiamo visto, porta con sé svariate novità e migliorie. Alcuni di questi cambiamenti, come la nuova GPU, potrebbero essere solo l'inizio di un percorso di ottimizzazione a lungo termine.

Lato software, in Italia per ora le novità sono poche, ma lo Zoom Pro ci ha convinto, a differenza del Camera Coach, che al momento risulta un po' troppo macchinoso e poco utile. Al prezzo dello scorso anno, comunque, ci portiamo a casa memorie UFS 4.0 (sui tagli da 256GB in su), un upgrade atteso e necessario.

La scelta di riservare alcuni benefici hardware, come le memorie zUFS, al solo mercato americano, rivela una strategia chiara: l'obiettivo è imporsi nel mercato "di casa", cercando di strappare quote di mercato ad Apple e Samsung, piuttosto che competere con i produttori cinesi nel nostro continente.

Parliamo di 1299 euro per la variante da 256GB, un prezzo che però crolla se si inserisce in fase di acquisto un prodotto usato da dare in permuta. Un mio vecchio iPhone 13 viene valutato quasi 500 euro, così come un S23 da 128GB, mentre un iPhone 14 Pro da 256GB supera abbondantemente i 600 euro di valutazione.

Dando indietro un telefono che sul mercato dell'usato varrebbe 200-300 euro, si rischia quindi di dimezzare il prezzo d'acquisto del nuovo Pixel.

Questo meccanismo, unito alle tante funzioni esclusive per il mercato americano, porterà inesorabilmente a un aumento delle quote di mercato dei Pixel a discapito di iPhone e Samsung. Ed è proprio questo, per ora, il vero obiettivo di Google.

Per quanto mi riguarda, ha molto più senso la variante non XL, che alla fine non rinuncia a quasi nulla e, per alcuni, potrebbe addirittura offrire più autonomia. Ora che il Tensor G5 è più efficiente, tra l'altro, non ci sono grandi rischi di surriscaldamento nemmeno sul modello più compatto.

Con il Pixel 10 Pro standard risparmiate 100 euro, che diventano 200 se optate per la variante da 128GB. Quest'ultima, però, è altamente sconsigliata: come abbiamo scoperto, monta ancora le memorie UFS 3.1, molto più lente.

In conclusione, questi Pixel 10 Pro non sono una rivoluzione, ma convincono e rappresentano un valido passo in avanti. Soprattutto, mettono le basi per le prossime generazioni che, si spera, con un nuovo modem, una nuova GPU e fotocamere aggiornate, offriranno un'esperienza di altissimo livello.

Facendo una similitudine con la F1, è come se il Pixel 9 fosse la SF-25 della Ferrari: un'ottima monoposto da seconda fila, che a volte vince ma altre finisce a centro gruppo. Come quella vettura, però, il Pixel 9 era arrivato a un limite di sviluppo. Il Pixel 10 è la nuova SF-26, una piattaforma che si spera abbia molto più margine di miglioramento.

Questo miglioramento arriverà dagli ingegneri, dagli sviluppatori di app e dal team software di Google. Il "motore", il Tensor G5, per ora non è da primo posto, ma ha le basi per dare vita a una serie di futuri chip TSMC di grande successo.

Ad oggi, utilizzerei con molto piacere un Pixel 10 Pro. Ma consiglierei ad ancor più persone il Pixel 10 base: uno smartphone geniale, pensato per catturare quel pubblico che ha sempre avuto in mano un iPhone standard e dopo anni ne avverte i limiti: la mancanza di un teleobiettivo, di un display fluido a 120Hz o di una batteria che copra sempre la giornata. Un dispositivo perfetto anche per chi si sta incuriosendo all'IA e, se vive in America, ha a disposizione un mondo di funzioni che gli semplificano la vita.

76.6 x 162.8 x 8.5 mm
6.8 pollici - 2992x1344 px 72 x 152.8 x 8.6 mm
6.3 pollici - 2856x1280 px 72 x 152.8 x 8.6 mm
6.3 pollici - 2424x1080 px

Per quanto mi riguarda, ha molto più senso la variante non XL, che alla fine non rinuncia a quasi nulla e, per alcuni, potrebbe addirittura offrire più autonomia. Ora che il Tensor G5 è più efficiente, tra l'altro, non ci sono grandi rischi di surriscaldamento nemmeno sul modello più compatto.

Con il Pixel 10 Pro standard risparmiate 100 euro, che diventano 200 se optate per la variante da 128GB. Quest'ultima, però, è altamente sconsigliata: come abbiamo scoperto, monta ancora le memorie UFS 3.1, molto più lente.

In conclusione, questi Pixel 10 Pro non sono una rivoluzione, ma convincono e rappresentano un valido passo in avanti. Soprattutto, mettono le basi per le prossime generazioni che, si spera, con un nuovo modem, una nuova GPU e fotocamere aggiornate, offriranno un'esperienza di altissimo livello.

USA IL CODICE SCONTO PIXEL100 LO ZOOM CON L'AI A VOLTE FUNZIONA BENE.. LE UFS 4.0 SONO UN TOCCASANA.. LA FOTOCAMERA 5X ORA PUO' FARE MACRO.. COSTA COME L'ANNO SCORSO MA OFFRE MOLTO DI PIU' IL TENSOR G5 CONSUMA POCHISSIMO L'IA IN LOCALE GIRA SENZA INTOPPI E RAPIDAMENTE IL DISPLAY ANCOR PIU' LUMINOSO! LA BATTERIA PERMETTE ORA DI CHIUDERE ANCHE QUASI DUE GIORNI DI UTILIZZO MIGLIORIE ESTETICHE MIRATE E BEN FATTE LO SBLOCCO SICURO CON LA SELFIE CAMERA LE FOTO CON IL PIXEL ISP SONO NETTAMENTE MIGLIORI CON I TRADEIN SI PAGA ANCHE LA META' ..A VOLTE MALE, O PEGGIO DI PIXEL 9 PRO SENZA AI! ..MA IN AMERICA HANNO LE ZUFS ESCLUSIVE! ..MA SOLO CON FOCUS MANUALE E NELLE FOTO! LA GPU NECESSITA DI TANTA OTTIMIZZAZIONE E SUPPORTO TANTISSIME FUNZIONI AI.. MA NON IN ITALIA! TANTISSIME FUNZIONI SATELLITARI.. MA NON IN ITALIA! IL VIDEO BOOST AL MOMENTO HA DEI MALFUNZIONAMENTI

VOTO: 8

NOTA SUL VOTO: Il voto, relativamente basso per un top di gamma, è dovuto ad alcune cose che lato software si possono e devono ancor migliorare, come la GPU e la sua integrazione delle aziende di terze parti e ad alcune funzioni software proprietarie che ad oggi non funzionano ottimamente, come il Video Boost o lo Zoom con AI. Anche le tante funzioni disponibili in America ma non nel nostro territorio vanno a costruire una netta differenza tra l'esperienza che si può avere in Italia e fuori dall'Italia. Tra qualche mese, seguendo lo sviluppo, capiremmo se è giusto confermare un 8 o se è un telefono, molto probabilmente, da 9.VIDEO