La Royal Navy britannica ha compiuto un passo significativo verso l’autonomia subacquea presentando Excalibur, un drone sottomarino extra-large di ultima generazione capace di operare a oltre 10.000 chilometri di distanza dal centro di comando. Durante l’esercitazione internazionale Talisman Sabre, tenutasi a luglio, un centro operativo australiano ha pilotato il veicolo, mentre questo era immerso nelle acque di Plymouth, al largo della base navale di Devonport. Si tratta della prima volta in cui Regno Unito e Australia hanno dimostrato la piena interoperabilità di veicoli subacquei senza equipaggio come parte di una forza congiunta sotto l’ombrello di AUKUS.
Il test rientra nel programma “Maritime Big Play” di AUKUS, l’accordo trilaterale che coinvolge anche gli Stati Uniti, con l’obiettivo di sviluppare e sperimentare sistemi robotici e autonomi applicati al contesto navale. La prova ha mostrato come il drone, lungo 12 metri, largo 2 e con un dislocamento di 21 tonnellate, possa essere integrato in operazioni a grande distanza grazie a un sistema avanzato di comunicazioni acustiche. Alla sperimentazione hanno collaborato anche forze giapponesi per rafforzare le capacità di trasmissione subacquea.
Excalibur non è pensato per missioni di combattimento: nasce come piattaforma sperimentale all’interno del progetto triennale “Cetus”, guidato dall’azienda britannica MSubs, specializzata in veicoli subacquei autonomi.
La sua architettura modulare consente di adattarne i carichi utili a diversi scenari, dalle missioni di sorveglianza e raccolta informazioni fino alle operazioni in ambienti ad alto rischio. Può coprire fino a 1.600 chilometri di distanza in immersione e raggiungere profondità superiori a quelle delle attuali unità con equipaggio della Royal Navy.
Per la marina britannica, Excalibur rappresenta un banco di prova cruciale verso l’integrazione di flotte miste, composte da unità tradizionali e sistemi senza equipaggio. Il contrammiraglio James Parkin, direttore degli sviluppi della Royal Navy, ha definito l’arrivo del drone “un passaggio essenziale per preparare la flotta a un futuro fatto di massa e autonomia”. Nei prossimi due anni il veicolo sarà impegnato in una lunga serie di prove operative condotte dalla Fleet Experimentation Squadron, lo stesso reparto che utilizza la nave laboratorio XV Patrick Blackett.
Il nome scelto, Excalibur, richiama sia la leggendaria spada di Re Artù sia un sottomarino sperimentale britannico della Guerra Fredda, unendo tradizione e innovazione. Per gli analisti, la sua introduzione avviene in un momento di forte competizione tecnologica tra le grandi potenze, con Stati Uniti e Australia già impegnati in programmi paralleli come Orca e Ghost Shark. Secondo gli esperti, in futuro droni di questo tipo potrebbero estendere il raggio d’azione delle flotte, svolgere compiti di sorveglianza prolungata o persino fungere da esche e piattaforme di attacco in contesti ad alto rischio.
Per ora, Excalibur rimarrà un dimostratore tecnologico, ma la sua capacità di essere controllato a distanza di continenti rende chiaro quanto rapidamente l’autonomia stia entrando nel cuore della strategia navale.