Il meccanismo prevedeva l’hackeraggio di telecamere di sorveglianza in case e negozi, con il dirottamento delle immagini su server esterni, che poi venivano messe in vendita sulle chat del social russo Vkontakte, offrendo momenti intimi delle vittime ignare. Il servizio era accessibile tramite abbonamento e pubblicizzato come un archivio unico di filmati da appartamenti, bagni, garage, spogliatoi di palestre e piscine, nightclub e camere di alberghi. A quanto pare, molte vittime non sono state individuate perché ignare di avere subito una violazione della privacy: in Italia si stimano circa 70 mila telecamere esposte su Internet con password di default o vulnerabilità sfruttate da software automatici.
I codici di accesso catturati vengono catalogati per luogo, tipo di ambiente e appetibilità della scena prima di essere proposti sul mercato, e i prezzi erano piuttosto bassi, 50 password a 10 euro, un costo accessibile che ha alimentato il fenomeno dell’industria nera delle spycam.