Un gruppo di ricerca dell’Università della California, Riverside, ha dimostrato con nuove simulazioni che il futuro dei computer quantistici potrebbe arrivare prima del previsto. La difficoltà principale, fino a oggi, non era tanto la progettazione dei singoli chip, quanto la loro capacità di “fare squadra”. I collegamenti tra processori quantistici distinti, infatti, risultano notoriamente rumorosi e fragili, soprattutto se ospitati in criostati separati, e questo sembrava un ostacolo insormontabile.
Lo studio guidato dal dottorando Mohamed A. Shalby mostra invece che il problema del rumore può essere meno grave del previsto. Anche con collegamenti fino a dieci volte più rumorosi rispetto ai circuiti interni del chip, i sistemi modulari riescono comunque a correggere gli errori. In altre parole, non serve aspettare un hardware perfetto per immaginare computer quantistici più grandi e affidabili: basta che ciascun chip lavori con alta fedeltà, e le connessioni, pur imperfette, saranno sufficienti.
Negli ultimi anni l’attenzione del settore si è concentrata quasi esclusivamente sul numero di qubit, spesso esibito come un primato., ma a quanto pare la la quantità da sola non basta.
Per realizzare un “qubit logico” stabile, realmente utile nei calcoli, servono centinaia o migliaia di qubit fisici, uniti da complessi schemi di correzione degli errori. Una delle tecniche più promettenti è il cosiddetto surface code, che permette di individuare e correggere automaticamente gli errori grazie a una ridondanza interna.
Nelle simulazioni condotte a Riverside, i ricercatori hanno testato migliaia di configurazioni modulari con questo metodo, misurando la resilienza del sistema a diversi livelli di rumore. Il risultato è che la costruzione di computer quantistici su larga scala non deve attendere la perfezione tecnologica, ma può procedere già oggi con gli strumenti disponibili.
La corsa globale al calcolo quantistico non è più solo una questione di chi possiede più qubit, ma di chi saprà collegare meglio i pezzi. Le applicazioni, dalla simulazione di nuove molecole alla crittografia post-quantistica, dipendono dalla capacità di realizzare macchine non soltanto potenti, ma soprattutto affidabili.
Il lavoro di Shalby e colleghi, ispirato a studi precedenti condotti al MIT e supportato da strumenti di Google Quantum AI, offre dunque una prospettiva concreta per superare lo stallo. Grazie anche al sostegno della National Science Foundation e a collaborazioni con istituti tedeschi, la ricerca suggerisce che un futuro con computer quantistici realmente utilizzabili su larga scala potrebbe essere più vicino di quanto si pensasse.