Nel numero di agosto 2025 di Vogue America, una donna dai tratti perfetti, pelle di porcellana, fianchi proporzionati e sguardo da musa sintetica campeggia tra le pagine patinate. È la nuova campagna di Guess ma soprattutto è il debutto ufficiale dell’intelligenza artificiale in uno dei sancta sanctorum della moda globale. La modella non esiste. È stata generata — o meglio, progettata — dall’agenzia Seraphinne Vallora con un processo che imita le dinamiche di un set reale: moodboard, riferimenti visivi, studio della luce, fotoritocco. Tutto tranne un dettaglio: il corpo.
Professore spoglia le studentesse con l'AI, le attiviste di Cambiare Rotta si incatenano: "Il Rettore ha alzato un muro e non vuole riceverci"l'impatto sull'intero sistema: lavoro, rispetto, etica, salute pubblica
Dietro l’evento che evidentemente non è solo mediatico, le domande non mancano: chi decide come deve apparire una donna? Chi trae vantaggio da un’estetica disincarnata? E che ne sarà dei corpi veri — quelli segnati dal tempo, dal peso, dal lavoro, dalla realtà? E poi: a quale prezzo? Corpi sicuramente cancellati, etica del lavoro sicuramente messa da parte e la già esistente corsa alla ricerca della perfezione estetica portata all'estremo, con i relativi rischi per la salute pubblica (non tutte/i possono permettersi lo studio medico ma vogliono ugualmente sottoporsi a interventi "migliorativi").
Il primo danno collaterale è evidentemente legato al lavoro. In un’industria in cui la competizione è già feroce, l’ingresso delle modelle AI rischia di disintegrare intere carriere. Perché pagare una modella o un modello — cachet, viaggio, fotografo, stylist — quando si può ottenere un corpo perfetto, docile e modificabile a seconda delle esigenze, con un prompt? Nessuna richiesta sindacale, nessun diritto d’immagine, nessuna fame, nessuna rottura di scatole: ora ci sono corpi muti, senza diritti, senza desideri.
Il lavoro umano, con le sue imperfezioni e le sue esigenze, si fa definitivamente superfluo. Il fashion system, che ha già storicamente sfruttato corpi giovani e vulnerabili, trova ora il modo di eliminarli del tutto. Non è solo una questione di automazione: è lo smantellamento di un’intera filiera creativa in nome dell’efficienza e del controllo totale sull’immagine.
Grassi, vecchi, diversi, imperfetti (quindi normali): i corpi che non vedremo più
Le modelle AI rappresentano l’estetica "pura" del prompt: giovinezza, magrezza, simmetria, pelle liscia, etnia esotizzata ma non disturbante, nessuna disabilità, nessuna “imperfezione”. Un corpo-poster. Chi genera questi corpi? Chi scrive i prompt? Creativi, pubblicitari, spesso uomini, spesso immersi in bias strutturali che perpetuano standard eurocentrici, patriarcali e grassofobici.
L’AI, lungi dall’essere neutra, diventa un amplificatore industriale delle nostre storture culturali. Il risultato è la sparizione sistemica di tutto ciò che non rientra nei parametri dominanti: corpi grassi, vecchi, trans, neri, con cicatrici, acne. Corpi cioè semplicemente normali. Se già il mondo della moda aveva costruito un’estetica tossica basata sull’esclusione, oggi la tecnologia consente di eliminare ogni deviazione non solo dalla pubblicazione, ma dalla possibilità stessa dell’immaginazione.
Un danno psicosociale che - spiace dirlo - è abbondantemente già in atto. Ciò che vediamo modella ciò che desideriamo e ciò che desideriamo determina come viviamo i nostri corpi. Guardare corpi artificiali perfetti non è solo estetica, è politica del desiderio.
Negli ultimi anni, grazie alle conversazioni sul body positive e body neutrality, si era aperto un varco di inclusione, un piccolo spazio per rappresentazioni più autentiche. Con le modelle AI, quel varco si richiude con un click. Il corpo reale — fallibile, affamato, sessuato, vulnerabile — torna a essere problema, errore da nascondere, fastidio da eliminare.
non osiamo immaginare l'impatto sulla salute pubblica
L’impatto sui giovani lo immaginiamo come devastante. Già oggi si presentano alle porte di studi medici per chiedere interventi - micro e macro - di chirurgia. Figuriamoci quando il confronto non sarà più con le celebrity - e il loro potere economico di diventare "belle" - ma con volti e corpi che non esistono. E non ce ne facciamo niente del microscopico disclaimer, scritto in fondo alla pagina, che spiega che la modella non esiste. Non li legge nessuno, i disclaimer.
Come si fa a crescere sereni, serene, se ogni corpo visibile è un’allucinazione perfetta? Come si può formare una sana autopercezione se il riferimento estetico è letteralmente inesistente? Il problema, infine, è che la bellezza non è mai stata innocente. Gli standard estetici sono dispositivi di potere che determinano chi ha diritto di essere visto/a e di meritare considerazione, ammirazione e desiderio oppure biasimo.