Un tempo considerato un semplice corpo minore della fascia tra Marte e Giove, Cerere continua a rivelare segreti che lo rendono uno degli oggetti più affascinanti del Sistema solare. Secondo uno studio pubblicato su Science Advances e basato sui dati della missione Dawn della NASA, il pianeta nano avrebbe avuto in passato non solo acqua liquida e molecole organiche, ma anche una fonte stabile di energia chimica: un ingrediente chiave per rendere un ambiente potenzialmente abitabile.
Gli scienziati hanno infatti ricostruito, con modelli termici e chimici, l’evoluzione dell’interno di Cerere lungo miliardi di anni. I risultati suggeriscono che tra 2,5 e 4 miliardi di anni fa, quando il nucleo roccioso raggiunse la massima temperatura, il pianeta nano poteva ospitare un oceano sotterraneo alimentato da fluidi caldi provenienti dalle rocce in trasformazione. A fornire calore era il decadimento radioattivo degli elementi presenti nel suo interno, un processo diffuso anche in altri corpi celesti giovani.
Questo scenario richiama da vicino i fenomeni che avvengono sulla Terra nelle sorgenti idrotermali oceaniche, dove il contatto tra acqua e minerali genera un’abbondanza di energia chimica. “Su Cerere poteva esserci un banchetto per microbi, simile a quello che conosciamo nelle profondità marine terrestri”, ha spiegato Sam Courville, autore principale dello studio e oggi ricercatore all’Arizona State University. Non si tratta della prova che la vita sia effettivamente comparsa, ma della conferma che il “cibo” per eventuali forme microbiche sarebbe stato disponibile.
Le scoperte della sonda Dawn avevano già fornito indizi preziosi. Nel 2015 furono osservate le aree brillanti della superficie, composte in gran parte da sali depositati da acque risalite dal sottosuolo. Successive analisi rivelarono l’esistenza di un vasto serbatoio di acqua salata sotterranea e la presenza di composti organici a base di carbonio, indispensabili per la chimica della vita. Ora si aggiunge il tassello energetico, che completa un quadro di grande interesse per l’astrobiologia.
Oggi, però, Cerere è un mondo molto diverso. Gran parte dell’acqua liquida si è solidificata in ghiaccio e ciò che resta è confinato in sacche di salamoia concentrate. Senza un meccanismo di riscaldamento continuo, come quello generato dalle forze mareali che scaldano lune come Europa o Encelado, Cerere ha perso da tempo la sua vivibilità. Eppure, il passato raccontato dai modelli NASA lascia aperte nuove domande: quanti altri piccoli corpi del Sistema solare, simili per dimensioni ai circa 940 chilometri di diametro di Cerere, potrebbero aver ospitato per un periodo condizioni compatibili con la vita?
La missione Dawn, terminata nel 2018, ha permesso di avvicinarsi come mai prima a questo corpo celeste. Costruita da Northrop Grumman con la collaborazione di partner europei e italiani, la sonda ha fornito dati che oggi continuano a produrre scoperte di rilievo. Cerere, da pianeta nano freddo e silenzioso, emerge così come un laboratorio naturale per capire dove e quando la vita avrebbe potuto affacciarsi anche lontano dalla Terra.