Un buco nero “quasi nudo”, che potrebbe essersi formato nei primissimi istanti dopo il Big Bang, è stato individuato dal telescopio spaziale James Webb e sta già alimentando un intenso dibattito nella comunità scientifica. La scoperta, se confermata, potrebbe mettere in discussione le teorie tradizionali sulla nascita di galassie e stelle.
Secondo il modello oggi più accettato, prima comparvero le stelle, poi le galassie, e soltanto in seguito i buchi neri, nati dal collasso gravitazionale delle prime stelle massicce ormai esauste. I dati raccolti dal James Webb, invece, descrivono un oggetto molto diverso da quanto ci si aspetterebbe: un enorme buco nero circondato da un tenue alone di gas e polveri, con caratteristiche incompatibili con questo ordine cronologico.
L’oggetto osservato, battezzato QSO1, risale a oltre 13 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva appena 700 milioni di anni. La sua massa è stata stimata in circa 50 milioni di masse solari, mentre la materia che lo circonda appare sorprendentemente ridotta, inferiore alla metà del suo peso complessivo. Un’anomalia, se confrontata con ciò che vediamo nel nostro universo locale, dove i buchi neri centrali delle galassie – compreso quello della Via Lattea – sono di gran lunga meno massicci rispetto all’intera galassia che li ospita.
Per Roberto Maiolino, cosmologo dell’Università di Cambridge che guida parte della ricerca, si tratta di un oggetto “quasi nudo”: non sembra esserci una galassia sviluppata intorno a esso, né segni di intensa formazione stellare. L’alone di gas che lo circonda, inoltre, è chimicamente “primitivo”, costituito quasi esclusivamente da idrogeno ed elio, gli elementi più antichi dell’universo, senza tracce significative di elementi più pesanti prodotti dalle stelle.
Una possibile spiegazione è che si tratti di un buco nero primordiale, una categoria ipotizzata negli anni Settanta da Stephen Hawking, ma mai osservata direttamente. Se così fosse, zone di estrema densità nei primissimi istanti del cosmo sarebbero collassate in buchi neri di varie dimensioni, divenendo i semi gravitazionali attorno a cui, più tardi, si sarebbero formate le prime galassie. L’alternativa è un “collasso diretto” di una gigantesca nube di gas, che però richiede condizioni ambientali particolarmente restrittive, non evidenti nei dati a disposizione.
La scoperta non è soltanto un dettaglio per addetti ai lavori: se davvero fosse confermata l’origine primordiale, le implicazioni sarebbero profonde, toccando persino le leggi fondamentali della fisica. Alcuni studiosi, come Andrew Pontzen dell’Università di Durham, invitano però alla cautela. I dati raccolti sono convincenti, ma non rappresentano ancora una prova definitiva. Si tratterebbe, piuttosto, di un forte indizio.
Il dibattito è destinato a durare a lungo, anche perché strumenti più sensibili come i futuri rivelatori di onde gravitazionali potrebbero, entro un decennio, offrire risposte decisive. Per il momento, QSO1 resta uno degli oggetti più enigmatici mai osservati.