Nella regione occidentale del cratere Jezero di Marte, dove miliardi di anni fa scorreva un fiume, il rover Perseverance della NASA ha individuato un affioramento roccioso che nasconde una delle scoperte più interessanti della missione: tracce chimiche che, sulla Terra, si formano spesso in presenza di vita.
La roccia, soprannominata Cheyava Falls e visibile nell'immagine di testata, ha una forma a punta di freccia ed è ricoperta da minuscoli granuli neri e “macchie leopardate”. Analizzandola da vicino, gli strumenti del rover hanno rivelato una sorprendente concentrazione di carbonio organico, ferro, fosforo e zolfo. Ma la vera novità è la presenza di due minerali particolari: vivianite (un fosfato di ferro) e greigite (un solfuro di ferro). Sulla Terra, entrambi si formano durante reazioni chimiche chiamate redox, fondamentali per la vita: piante, animali e batteri le usano per ottenere energia.
Secondo Joel Hurowitz, geochimico della Stony Brook University e autore principale dello studio, si tratta di una chimica “diversa da qualsiasi altra mai osservata su Marte in oltre vent’anni di missioni robotiche”. Gli elementi trovati non provano l’esistenza di antichi organismi, ma indicano un ambiente favorevole alla vita o, quantomeno, una chimica complessa capace di sostenerla.
Il processo redox, infatti, avviene naturalmente anche in assenza di biologia, ma in modo estremamente lento. Quando si osservano quantità significative di minerali come la greigite in rocce fredde e antiche, la domanda sorge spontanea: potrebbe esserci stato un aiuto “biologico”? Mike Tice, geobiologo della Texas A&M University, spiega che “la velocità di queste reazioni è uno dei migliori indizi per distinguere processi abiotici da quelli guidati da forme di vita”.
Un altro aspetto interessante riguarda il contesto geologico, poiché la formazione denominata Bright Angel mostra una composizione chimica molto diversa rispetto ad altre aree di Jezero. Le rocce sono più ossidate e povere di elementi come magnesio e calcio, un profilo simile a quello dei terreni terrestri esposti per secoli alle piogge. Ciò suggerisce che, anche su Marte, il clima e l’atmosfera siano cambiati profondamente nel tempo, ma che l’ambiente potesse comunque essere abitabile durante parte di questi mutamenti.
Perseverance ha già prelevato e sigillato un campione della roccia, in attesa del futuro ritorno sulla Terra con la missione Mars Sample Return. Se le analisi isotopiche dovessero mostrare firme biologiche — differenze nei rapporti tra isotopi di ferro, zolfo e carbonio — potremmo trovarci di fronte al primo vero indizio di vita extraterrestre.
Non tutti, però, sono convinti. “Non è una pistola fumante”, afferma l’astronomo Chris Impey dell’Università dell’Arizona. “Serve verificare che questi minerali non si siano formati per vie puramente chimiche.” Ma anche se la vita non fosse mai apparsa, queste scoperte aprono una finestra su un Marte molto più dinamico e chimicamente attivo di quanto si pensasse.
Come dice Tice, “è come trovare qualcosa di luccicante nel terreno: non sai ancora cos’è, ma sai che vale la pena scavare più a fondo”.