Quando si parla di “forza” fisica le nostre scorciatoie mentali aprono la strada, immediatamente, verso l’immagine di un uomo "forzuto" e la sua performance muscolare. Eppure, se allarghiamo lo sguardo — ammesso che ce lo concediamo — scopriamo che chi nasce biologicamente donna non è da meno. La forza fisica femminile è più stratificata e in alcuni casi inaspettatamente superiore a quella maschile.
Venezia, padrona di casa caccia una studentessa: "Terrona di m... altezzosa, arrogante, maleducata". Il contratto non era scadutoResistenza alla fatica, recupero, tolleranza al dolore
È sorprendente come i muscoli femminili mostrino una resistenza eccezionale alla fatica. Ricerche pionieristiche dell’Università del Michigan hanno dimostrato che le donne possono eseguire ripetizioni più a lungo rispetto agli uomini, specialmente con carichi leggeri, a volte anche per il doppio del tempo.
Questa endurance non è incidentale: è il risultato di una fisiologia che sfrutta preferenzialmente i grassi come carburante a lenta combustione e che è ricca di fibre muscolari “slow-twitch”, più efficienti e durevoli. Un altro vantaggio “nascosto” nella genetica femminile: il vantaggio non si limita alla resistenza.
Al contrario, anche nel recupero dopo sforzi intensi, le donne mostrano capacità superiori. Studi su sprint e sollevamento pesi hanno evidenziato un recupero più veloce nei corpi femminili. Un contributo biologico chiave sarebbe anzi è l’estrogeno, che diminuisce l’infiammazione e favorisce il processo di rigenerazione muscolare.
In alcuni studi condotti su alcune specie animali, questo si traduce addirittura in una rigenerazione muscolare che nelle femmine è doppia rispetto ai maschi. La tolleranza al dolore non è solo genetica, ma un equilibrio tra biologia e esperienza: non è solo un mito tramandato dalla nonna e dalla bisnonna. Le donne, e soprattutto le atlete, dimostrano una sorprendente tenacia nel sopportare il dolore.
Le esperienze di dolore cronico (ciclo mestruale, parto, infortuni) sembrano affinare questa capacità: atlete donne dimostrano una soglia di dolore non solo comparabile a quella maschile ma superiore, tanto è vero che spesso continuano ad allenarsi o competere anche quando hanno subito infortuni. Uno studio del 1981 addirittura riferiva che female athletes had the highest pain tolerance and threshold (Le atlete donne avevano la più alta tolleranza e soglia del dolore).
questione di sistema immunitario e longevità.
Al di là dello sport, la vita stessa ci insegna qualcosa: le donne tendono a vivere più a lungo. Questa longevità non è solo dovuta a comportamenti più cauti — sebbene contribuiscano — ma anche a vantaggi biologici, come un sistema immunitario più robusto, favorito dal doppio cromosoma X e dall’estrogeno, che conferisce protezione contro molte malattie.
Inoltre il cromosoma Y, tipico degli uomini, tende a degradarsi nel corso del tempo (fenomeno di “mosaic loss of Y”), aumentando il rischio di patologie gravi come malattie cardiovascolari e cancro. Questo approfondimento merita una digressione importante: le donne sono state volutamente allontanate dallo sport e convinte di essere fragili a forza di narrazioni e impedimenti. Esatto: le donne sono state escluse dal pieno accesso alle discipline sportive.
Ragioni culturali, religiose e mediche (spesso infondate) le hanno relegate ai margini, instillando globalmente l’idea che l’attività fisica fosse pericolosa, antiestetica, inadatta. Il risultato? Generazioni cresciute con l’immagine di un corpo debole, fragile, incapace di competere. Ma quelle stesse culture che ci volevano passive hanno prodotto oggi atlete straordinarie: donne che percorrono l’Appalachian Trail più velocemente di chiunque altro, vittoriosamente affrontano ultramaratone, salite impossibili, gare estreme, riscrivendo il canone di forza.