Siamo in una bolla cosmica? L'eco del Big Bang risponde

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HDblog.it Jul 10, 2025 · 2 mins read
Siamo in una bolla cosmica? L'eco del Big Bang risponde
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Da anni, i cosmologi si trovano di fronte a un rompicapo che mette in discussione la nostra comprensione dell'universo: la "tensione di Hubble". Questo frustrante problema nasce da una discrepanza fondamentale: le misurazioni della velocità di espansione dell'universo producono risultati diversi a seconda del metodo utilizzato.

Quando osserviamo l'universo locale, vicino a noi, sembra espandersi più velocemente di quanto suggerito dalle misurazioni che considerano l'universo nella sua interezza, basate sulla radiazione cosmica di fondo, la prima luce emessa dopo il Big Bang. Una nuova e affascinante ricerca, però, offre un'ipotesi tanto suggestiva quanto potente: e se la risposta a questo enigma non si trovasse in una falla dei nostri modelli, ma nel nostro indirizzo cosmico?

L'idea è che la Terra, insieme alla nostra galassia, la Via Lattea, e a tutto il nostro vicinato cosmico, potrebbe trovarsi al centro di un'immensa regione di spazio a bassa densità, una sorta di "bolla" o "vuoto locale". Questo vuoto sarebbe gigantesco, con un diametro stimato di circa 2 miliardi di anni luce, e una densità di materia inferiore di circa il 20% rispetto alla media cosmica. Se così fosse, la gravità delle regioni più dense che circondano questa bolla attirerebbe la materia verso l'esterno, svuotando progressivamente il nostro "quartiere". Di conseguenza, gli oggetti celesti vicini a noi si allontanerebbero a una velocità maggiore, dando l'impressione di un'espansione locale più rapida e risolvendo così la tensione di Hubble.

A dare un supporto statistico incredibilmente forte a questa teoria sono le cosiddette Oscillazioni Acustiche Barioniche (BAO), che possiamo immaginare come l'eco o "il suono" del Big Bang. Queste onde sonore primordiali si sono propagate nell'universo primordiale per poi "congelarsi", lasciando un'impronta misurabile nella distribuzione della materia. Secondo una nuova analisi presentata da Indranil Banik dell'Università di Portsmouth, queste oscillazioni si adattano perfettamente a un modello in cui esistiamo all'interno di un vuoto. Anzi, i calcoli mostrano che "un modello che include un vuoto locale è circa cento milioni di volte più probabile di un modello che non lo considera", basandosi sui dati del satellite Planck.

Questa soluzione locale al problema dell'espansione cosmica si basa sul confronto tra le due principali tecniche di misurazione. Da un lato, gli astronomi usano le "candele standard", come le supernovae di tipo Ia, per misurare le distanze e le velocità delle galassie vicine. Dall'altro, analizzano la radiazione cosmica di fondo (CMB) attraverso il Modello Standard della Cosmologia, ottenendo un valore medio per l'intero cosmo. La teoria del vuoto locale concilierebbe elegantemente questi due risultati.

Il prossimo passo per i ricercatori sarà confrontare questo modello con altre osservazioni, come i "cronometri cosmici", ovvero galassie massicce la cui età può essere stimata per tracciare la storia dell'espansione universale nel tempo, sperando di mettere la parola fine a uno dei più grandi grattacapi della fisica moderna.