Ci sono storie che iniziano come leggende, immerse in una nebbia di miti, musica e magia. South of Midnight, ultima opera di Compulsion Games, tenta di affondare le radici nel fertile e poco esplorato immaginario del Sud degli Stati Uniti. Un luogo di opposti e contraddizioni, dove la bellezza naturale convive con ombre storiche profonde e il folklore si mescola al dolore del quotidiano.
Il gioco ci chiede di credere che la memoria possa essere redenta, e che la magia - quella vera - esista nei legami spezzati che riusciamo a ricucire. Ma anche le fiabe più affascinanti possono inciampare se non credono davvero nel proprio incantesimo.

Trama e tematiche: tra fantasmi del passato e radici spezzate
Hazel Flood si risveglia in un mondo stravolto da una tempesta tanto fisica quanto simbolica. La sua casa è stata inghiottita da un fiume in piena, trascinando via anche l'ultima presenza familiare: sua madre. Dovrà viaggiare per Prospero, una cittadina del Sud, portando con sé legami spezzati e un passato lacerato. È in questo paesaggio spezzato che Hazel scopre di essere una Tessitrice, depositaria di un potere antico e visceralmente umano: la capacità di riparare legami infranti e di ricucire le ferite invisibili. Un'arte che non si limita alla magia, ma che affonda le sue radici nel lutto, nella memoria, nella compassione più autentica.
La narrazione è suddivisa in una serie di episodi, generalmente incentrati sulla storia tragica di un abitante di Prospero. Sono storie di morte, abbandono, malattia mentale, abusi - ma anche di resilienza, di umanità ferita ma non vinta. L'ispirazione sembra attingere tanto alla tradizione gotica americana quanto alle suggestioni moderne di serie come A Plague Tale, pur senza raggiungerne mai l'intensità concettuale.
La scrittura, benché animata da nobili ambizioni, fatica a sostenerne pienamente il peso. Hazel è tratteggiata con grande sensibilità: è una protagonista complessa, divisa tra la nostalgia, i sensi di colpa e un desiderio feroce di aiutare chiunque, splendidamente incarnata da Adriyan Rae, in una interpretazione che non ha nulla da invidiare ad altre grandi produzioni. Tuttavia, il mondo che le ruota attorno appare spesso accennato, più evocato che vissuto.
I personaggi secondari, che hanno passato drammi profondi, restano figure sfocate, ombre che sfiorano la scena senza mai abitarla davvero. Anche le dinamiche familiari, introdotte con forza e intensità nel prologo, non trovano un autentico compimento narrativo: restano promesse non mantenute, aperture che si dissolvono nell'indeterminatezza, lasciando il giocatore con una persistente sensazione di incompiutezza tematica.

Gameplay: l'anello debole dell'incanto
È qui che South of Midnight inciampa, con una pesantezza che spezza irrimediabilmente l'incanto narrativo che tanto faticosamente aveva costruito. Il ciclo ludico si rivela rapidamente ripetitivo, quasi rituale nella sua rigidità: si esplora un'area afflitta da un dolore antico, si raccolgono memorie intrappolate in bozzoli disseminati nell'ambiente, si affronta una fuga – più scenica che realmente ricca di tensione – da un'ombra oscura, per poi concludere con il rito di purificazione. Ogni racconto si sviluppa su questa struttura senza grandi deviazioni, senza quella sorpresa che avrebbe potuto mantenere viva l'esperienza. Già dal terzo o quarto episodio la formula comincia a mostrare la sua ripetitività, avvolgendo il giocatore in una routine prevedibile, quasi stancante, che finisce per anestetizzare anche i momenti narrativamente più intensi.
Il combattimento, poi, rappresenta il vero tallone d'Achille dell'opera. Hazel può attingere ad una manciata di poteri magici come una spinta d'urto, un richiamo, uno stordimento e il possesso momentaneo tramite una bambola di nome Crouton, ma il tutto appare meccanicamente piatto, privo di mordente e di reale profondità strategica. Gli scontri si svolgono in arene rigidamente predefinite, anticipate da inquadrature ormai familiari che finiscono per togliere ogni senso di sorpresa o tensione. Il déjà vu è costante: stessa struttura, stessi ritmi, stesse dinamiche. Il design dei nemici, inoltre, non è molto variegato, e solo l'incontro con i boss, veri picchi artistici, per creatività visiva e carica simbolica, riesce a spezzare una monotonia altrimenti opprimente.
Perfino l'albero delle abilità, che in teoria dovrebbe dare respiro e varietà al gameplay, si rivela poco incisivo. Le modifiche offerte sono minime nell'effettiva dinamica di gioco, al punto che evolvere Hazel raramente cambia davvero il modo in cui si affrontano le sfide. Si ha quasi l'impressione che il combat system sia stato inserito più per allungare artificialmente la durata complessiva.

Comparto tecnico e artistico: quando la forma supera la sostanza
Dove South of Midnight riesce davvero a splendere è nella sua forma estetica, in quell'intreccio delicato di immagini, suoni e atmosfere che restituisce al giocatore un'esperienza sensoriale di rara intensità. Visivamente il titolo è un piccolo gioiello di direzione artistica: i paesaggi del Sud americano riescono a intrecciare il vero con il folkloristico. Paludi silenziose, villaggi abbandonati e strade inghiottite dalla natura selvaggia sono resi con una delicatezza ed un amore profondo per quei luoghi estremamente evocativi.
A rendere ancora più singolare l'esperienza è la scelta stilistica di animare i personaggi con un effetto stop-motion. L'impercettibile rigidità dei movimenti, lungi dal risultare fastidiosa, conferisce a ogni figura una dimensione straniante e ipnotica. Come marionette mosse da fili invisibili, gli abitanti di Prospero sembrano appartenere ad un mondo in bilico sospeso tra sogno e incubo. Questo trattamento estetico non solo rafforza il senso di straniamento, ma arricchisce il tessuto narrativo di un sottotesto silenzioso, fatto di fragilità e incompiutezza.
La colonna sonora firmata da Olivier Deriviere è, senza mezzi termini, una delle componenti più ispirate dell'intero progetto. Un mosaico sonoro che mescola blues, country e jazz, e che evolve organicamente insieme alla narrazione. Ogni racconto si chiude con un climax musicale che non si limita ad accompagnare le immagini, ma le interpreta, le espande, le narra direttamente. Le liriche, i cori e gli strumenti tradizionali intrecciano il folklore con l'intimità personale, dando vita a momenti che rasentano il teatro musicale, tanto potenti e immersivi da resistere anche oltre la fine del gioco.

Conclusione: un grande potenziale, solo in parte realizzato
South of Midnight è un gioco che si muove su una linea sottile. Da un lato ci sono la potenza del suo immaginario, la bellezza visiva e sonora e la volontà di esplorare temi difficili con delicatezza. Dall'altro troviamo una scarsa componente ludica, che tradisce le promesse della narrazione e relega il giocatore a spettatore di un'esperienza più contemplativa che interattiva.
È un gioco che vorresti amare più di quanto effettivamente riesca a conquistarti. Un'esperienza che suggerisce profondità senza scavare fino in fondo. E forse è questa la sua più grande contraddizione: una fiaba gotica che dimentica di sognare davvero.
South of Midnight è disponibile su PC e Xbox Series X/S. Per la recensione, abbiamo giocato al titolo su PC con una copia da noi acquistata.