A New York, in un laboratorio nascosto sotto terra, un’enorme macchina dal peso di mille tonnellate sta cercando di riportarci indietro di 13,8 miliardi di anni. Si chiama sPHENIX ed è il nuovo rivelatore di particelle del Brookhaven National Laboratory. La sua missione è tanto affascinante quanto complessa: dare la caccia al plasma di quark e gluoni, la misteriosa “zuppa” di particelle che costituiva l’universo nei primissimi istanti dopo il Big Bang.
Per capirci, oggi tutto ciò che vediamo – stelle, pianeti, materia vivente – è formato da protoni e neutroni. Ma subito dopo la grande esplosione, la materia non era ancora organizzata così: esisteva solo questo plasma incandescente che, nel giro di un battito di ciglia cosmico, si è raffreddato trasformandosi nella materia che conosciamo.
Il problema? Questo plasma dura pochissimo, appena un sestilionesimo di secondo, e raggiunge temperature di trilioni di gradi. Nessuno lo può “vedere” direttamente. L’unico modo per studiarlo è osservare le particelle che lascia dietro di sé quando viene ricreato negli acceleratori. Ed è qui che entra in gioco sPHENIX.
La macchina funziona come una telecamera tridimensionale capace di registrare fino a 15.000 collisioni al secondo tra fasci di ioni d’oro spinti quasi alla velocità della luce. I ricercatori hanno verificato che riesce a misurare con precisione il numero e l’energia delle particelle prodotte in questi scontri. In pratica, se le collisioni sono frontali, si generano dieci volte più frammenti, molto più energetici, rispetto agli urti di striscio. Esattamente ciò che la fisica teorica si aspettava.
“È un po’ come lanciare nello spazio un nuovo telescopio e ricevere la prima foto nitida”, ha spiegato Gunther Roland, fisico del MIT. L’entusiasmo tra i ricercatori è palpabile, perché ora l’esperimento può davvero iniziare a cercare risposte a domande enormi: quanto era denso quel plasma primordiale? Come si muovevano le particelle al suo interno? E quanta energia serviva per tenerle unite?
Il rivelatore non è solo grande e veloce: al suo interno c’è un “micro-occhio” progettato al MIT, capace di seguire con estrema precisione la traiettoria delle particelle più fugaci. È questo che permette di distinguere i processi rari, magari uno su un miliardo, che potrebbero svelare i comportamenti nascosti del plasma.
Dietro sPHENIX ci sono anni di lavoro e il sostegno del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e della National Science Foundation. I primi dati, raccolti a fine 2024 e pubblicati ora sul Journal of High Energy Physics, hanno confermato che tutto funziona a dovere. Per i ricercatori, significa che il vero viaggio nel tempo può iniziare.
Come ha detto Cameron Dean, uno dei fisici coinvolti: “Il divertimento comincia adesso. È come avere tra le mani una macchina del tempo in grado di mostrarci com’era l’universo appena nato”.