Spotify torna a strizzare l’occhio ai DJ, riportando una funzione che aveva interrotto cinque anni fa. Dopo lo stop improvviso del 2020, legato a questioni di licenze e alle restrizioni presenti nei termini di servizio, l’app di streaming musicale ha deciso di riaprire le porte alle applicazioni di mixaggio di terze parti. Gli abbonati Premium possono ora collegare i propri account direttamente ai software Algoriddim djay, rekordbox e Serato, tre nomi che rappresentano un punto di riferimento nel settore. Al momento l’integrazione è disponibile solo nelle versioni desktop per Windows e Mac, mentre resta un’incognita l’eventuale estensione a smartphone e tablet.
Il ritorno è significativo soprattutto per Algoriddim, che fino al 2020 aveva beneficiato di una collaborazione esclusiva con Spotify. Per molti appassionati, soprattutto i DJ amatoriali o chi trasmetteva in piccole radio online, la possibilità di attingere all’intero catalogo di brani era stata una risorsa preziosa. L’interruzione aveva costretto gli utenti a migrare verso servizi alternativi, come Tidal e SoundCloud, oppure a sfruttare Apple Music, che nel frattempo era entrata nel circuito di djay. Ora, con la rinnovata partnership, Spotify offre un pacchetto più ampio, includendo anche Serato e rekordbox, software utilizzati in ambito professionale nei club e nei festival.
L’integrazione non è riservata solo agli utenti paganti delle app di mixaggio. Chi scarica la versione gratuita di djay, ad esempio, può comunque accedere al catalogo Spotify e sperimentare con le proprie playlist. Chi invece sceglie l’abbonamento Pro ottiene funzionalità aggiuntive come effetti sonori avanzati e supporto per controller e hardware dedicati, strumenti indispensabili per performance più strutturate. Questo significa che, dal principiante che mixa in casa fino al DJ che prepara una serata in discoteca, l’ecosistema si allarga e diventa più inclusivo.
La scelta di Spotify riflette anche un cambiamento di strategia. In passato l’azienda aveva dimostrato una certa diffidenza verso l’uso del suo catalogo in contesti di mixaggio, temendo complicazioni legate alle licenze. Il fatto che oggi la piattaforma sia tornata sui suoi passi suggerisce un accordo più solido con le etichette discografiche e un interesse a presidiare un segmento in crescita, quello dei DJ digitali. Non si tratta di un mercato marginale: il mixaggio casalingo e semi-professionale è sempre più diffuso, anche grazie alla semplicità con cui software e controller permettono di trasformare un computer portatile in una vera console.
Resta da capire se il nuovo corso si estenderà anche al mobile, il terreno dove la maggior parte degli utenti trascorre il tempo in streaming. Un ritorno dell’integrazione su iOS e Android darebbe una spinta ulteriore, rendendo l’esperienza più immediata e portatile. Per ora, però, Spotify ha scelto di ripartire dal computer, forse per testare l’impatto della novità e verificare la risposta della community dei DJ.