La fusione nucleare è da decenni considerata una delle promesse più affascinanti per un futuro energetico pulito e quasi illimitato, ma come sappiamo bene la sua realizzazione pratica si scontra ancora oggi con enormi sfide tecnologiche e, soprattutto, con costi proibitivi che ne rallentano la commercializzazione. C'è però una startup della Silicon Valley, chiamata Marathon Fusion, che ha avanzato una proposta che sembra uscita da un antico testo di alchimia: rendere la fusione economicamente vantaggiosa producendo oro.
L'idea è audace ma una base scientifica a essere onesti esiste, sebbene non manchino le problematiche come vedremo più avanti: l'idea di base non è quella di focalizzarsi sulla trasmutazione come obiettivo primario, ma di integrarla come un sottoprodotto di grande valore nel processo di generazione di energia.
Il meccanismo proposto dall'azienda si inserisce nel funzionamento standard di un reattore a fusione. In questi impianti, due isotopi dell'idrogeno, il deuterio e il trizio, vengono riscaldati a temperature superiori ai 100 milioni di gradi Celsius e confinati in uno spazio ristretto, fino a fondersi per creare elio. Questa reazione rilascia un'enorme quantità di energia e particelle subatomiche ad alta velocità chiamate neutroni. Ed è qui che entra in gioco l'innovazione di Marathon Fusion.
Per garantire che la reazione si autoalimenti, i reattori necessitano di materiali "moltiplicatori", come il berillio o il piombo, che, colpiti da un neutrone, ne rilasciano due. Questi neutroni extra reagiscono poi con il litio per produrre altro trizio, il combustibile della fusione.
L'idea della startup è sostituire i moltiplicatori tradizionali con un isotopo comune del mercurio, il mercurio-198. Quando un neutrone ad alta energia colpisce un atomo di mercurio-198, lo trasforma in un isotopo instabile, il mercurio-197. Nell'arco di alcuni giorni, questo atomo instabile decade naturalmente, trasformandosi in un isotopo stabile di oro, l'oro-197.
Secondo i modelli tecno-economici di Marathon, un impianto a fusione da un gigawatt di capacità potrebbe generare circa 5.000 chilogrammi d'oro all'anno. L'azienda sostiene che il valore creato dalla produzione di oro potrebbe eguagliare quello derivante dalla vendita di elettricità, raddoppiando di fatto la redditività di ogni impianto e trasformando radicalmente l'economia non solo della fusione, ma dell'intero settore energetico. Si tratta di una visione che riecheggia il sogno secolare degli alchimisti, che per millenni, da Sir Isaac Newton agli antichi Egizi, hanno cercato la leggendaria pietra filosofale per trasmutare i metalli vili in oro.
Naturalmente, ci sono delle considerazioni pratiche e scientifiche da considerare. L'azienda, fondata da ex ingegneri di SpaceX e ricercatori della Schmidt Futures, ha pubblicato un articolo scientifico sul metodo, che però non è ancora stato sottoposto a revisione paritaria (peer-review), un passo fondamentale per la validazione nella comunità scientifica.
Inoltre c'0è un altro piccolo problema: l'oro prodotto, pur essendo stabile, potrebbe contenere tracce di isotopi radioattivi, richiedendo un periodo di stoccaggio sicuro fino a 18 anni prima di poter essere maneggiato liberamente. Oltre all'oro, Marathon Fusion afferma che la stessa tecnologia potrebbe essere adattata per produrre altri metalli preziosi come il palladio, sintetizzare isotopi per uso medico o creare materiali per "batterie nucleari".