Adriano Leite Ribeiro, per tutti l'Imperatore, ha riaperto il cassetto dei ricordi più difficili in una toccante chiacchierata con Luca Toni per il format "Fenomeni" di Prime Video Sport. L'ex attaccante brasiliano è stato ospite del format, parlando di quel periodo buio che lo avvolse dopo la scomparsa del padre, un evento che ha segnato il punto di non ritorno della sua avventura all'Inter e, per certi versi, della sua ascesa nell'Olimpo del pallone.
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"Dopo la morte di mio padre non c'ero più con la testa", ha confessato Adriano. Un lutto devastante, impossibile da elaborare a migliaia di chilometri da casa. "Chiamavo in Brasile e non sentire la sua voce era qualcosa che non riuscivo ad accettare. Lì sono diventato un'altra persona". Il calcio, la sua più grande passione, divenne improvvisamente un peso, un mondo dal quale sentiva il bisogno di fuggire per non pensare. La gioia di giocare era svanita, lasciando spazio a un vuoto che cercava di colmare in altri modi, peggiorando la situazione giorno dopo giorno.
Con grande onestà, ha raccontato del suo addio all'Inter nel 2009. Una scelta sofferta ma necessaria. "Dissi alla società e ai compagni che se c'era la possibilità di tornare in Brasile, non sarei più tornato. E così fu". Non era una questione di soldi o di capricci, ma di rispetto. .
Rispetto per il club, per i compagni e per l'allora presidente Massimo Moratti, una figura paterna che gli ha sempre offerto un aiuto incondizionato. "Non volevo approfittare di lui e di uno stipendio alto, senza giocare. Accettai tutte le multe, ma non avevo la testa per continuare". Ciò che gli mancava disperatamente non era il calcio, ma la sua famiglia.
Con il senno di poi, emerge il più grande rimpianto. "Se potessi cambiare una scelta nella mia vita? Accetterei l'aiuto che l'Inter mi aveva proposto". La società nerazzurra, comprendendo la sua profonda sofferenza, gli aveva suggerito di affidarsi a una struttura specializzata per affrontare la depressione. "Non ho accettato perché non capivo che ne avevo bisogno. Pensavo che ciò che facevo fosse la normalità, ma non era vero. È stato un mio sbaglio. Sono un essere umano come tutti". Una confessione che rivela tutta la fragilità dietro la corazza del campione. Questo e molto altro nell'intervista completa che vi proponiamo a seguire.