Pare che TSMC stia di nuovo discutendo con gli Stati Uniti sull’opportunità di aprire una maxi fonderia negli Emirati Arabi. Il colossale chipmaker taiwanese ne aveva già parlato qualche tempo fa quando al timone c’era Joe Biden, ma non erano andati granché bene; con il cambio di amministrazione, la società ha ritenuto opportuno quantomeno provarci, ma non è chiaro se ci sono davvero delle chance che l’esito sia diverso.
Il problema è un po’ analogo a quello della Cina: ci sono preoccupazioni per la sicurezza significative - non ultimi proprio i legami piuttosto stretti che il Paese saudita ha con il governo di Pechino. La paura principale è che gli Emirati trasferiscano conoscenze e tecnologie alla Cina; finché si tratta di hardware AI, è relativamente facile sorvegliarne e regolarne l’afflusso, ma la produzione di semiconduttori è tutta un’altra cosa.
Notoriamente la Cina sta investendo molto per guadagnare la propria indipendenza tecnologica dagli USA e dai Paesi alleati, in particolare con Huawei e il famoso Ban che le impedisce di accedere alle fonderie internazionali più prestigiose. SMIC è apparentemente già arrivata a 7 nm, e benché scendere ulteriormente sia molto difficile, visto che l’unica azienda al mondo in grado di costruire macchinari EUV (Extreme Ultraviolet) è l’europea ASML, e un’alternativa valida sostanzialmente non è stata ancora trovata.
Comunque, i dialoghi sono ancora nelle fasi iniziali. I rappresentanti di TSMC hanno già tenuto diversi incontri con MGX, colossale fondo di investimenti saudita strettamente legato alla famiglia regnante, e il delegato degli USA nella regione Steve Witkoff. Da notare che l’interesse di TSMC è solo un tassello di un’iniziativa ancora più grande, in cui si stanno valutando le opportunità di collaborazione tra i due Paesi nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Insomma, se mai si raggiungerà un'intesa, non avverrà certo nelle prossime settimane o mesi.