Un algoritmo può capire e curare i disturbi della deglutizione

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HDblog.it Sep 19, 2025 · 2 mins read
Un algoritmo può capire e curare i disturbi della deglutizione
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Molti disturbi medici nascono da processi quotidiani che diamo per scontati. Uno di questi è la deglutizione: un gesto che compiamo centinaia di volte al giorno, ma che in alcuni pazienti diventa un ostacolo capace di compromettere nutrizione e salute. In Giappone un gruppo di ricercatori ha sviluppato un modello matematico in grado di riprodurre i movimenti complessi dell’esofago, aprendo nuove strade alla diagnosi e al trattamento dei disturbi della motilità esofagea.

La disfagia, ossia la difficoltà a deglutire, colpisce milioni di persone nel mondo e chi soffre di questo problema rischia malnutrizione, disidratazione o complicanze gravi come la polmonite da aspirazione. Finora i medici hanno avuto strumenti limitati per comprendere l’origine dei sintomi. L’esofago, infatti, non si limita a trasportare il cibo verso lo stomaco: i suoi muscoli si contraggono e si rilassano con un ritmo ondulatorio, coordinati da segnali nervosi e da un delicato meccanismo valvolare, lo sfintere esofageo inferiore, che si apre solo al momento giusto.

Il nuovo modello, sviluppato da un team di Kyushu University insieme a Josai University e Hokkaido University, integra equazioni matematiche con i dati ricavati dall’alta risoluzione manometrica, una tecnica che misura le pressioni interne all’esofago. Non si limita a descrivere il movimento muscolare, ma tiene conto anche dei segnali nervosi e del ruolo della valvola che separa esofago e stomaco.

Uno degli aspetti più innovativi è la possibilità di simulare patologie note come quelle classificate nel sistema internazionale Chicago Classification. Modificando pochi parametri dell’equazione, i ricercatori sono riusciti a riprodurre disturbi già documentati, dal mancato rilassamento della valvola fino alla cosiddetta “inibizione deglutitoria”, quando più atti di deglutizione consecutivi si interferiscono tra loro.

L’applicazione pratica è evidente: invece di limitarsi a ipotizzare una o due cause, i medici potrebbero usare il modello per testare molteplici scenari e individuare i fattori nascosti dietro i sintomi di ciascun paziente. Inoltre, lo strumento apre la strada a nuove sperimentazioni farmacologiche: prima di provare un medicinale sull’uomo, si potrebbe osservare in simulazione come altera i movimenti esofagei.

Al momento il modello descrive la motilità esofagea in una sola dimensione, ossia lungo l’asse bocca-stomaco. Gli studiosi puntano a svilupparne una versione bidimensionale, utile per riprodurre condizioni più complesse come il “jackhammer esophagus”, caratterizzato da contrazioni violente e deformazioni dell’organo.

Come sottolinea il professor Takashi Miura, primo autore della ricerca, “questo è solo il primo passo verso una cornice teorica della deglutizione”. Lo studio è stato pubblicato su Royal Society Open Science.