A guardarla da lontano, la Luna appare come una compagna silenziosa e affascinante nel nostro cielo, tuttavia sappiamo bene che si tratta di un ambiente estremamente ostile, un mondo che pone sfide tecnologiche e umane al limite delle nostre attuali capacità, sopratutto per dare il via a una presenza umana a lungo termine. La totale assenza di un'atmosfera, ad esempio, non solo rende impossibile respirare, ma trasforma la superficie in un bersaglio costante per i raggi cosmici e le particelle energetiche provenienti dal Sole, potenzialmente letali per un essere umano non adeguatamente schermato.
Questa mancanza di un velo atmosferico genera anche escursioni termiche spaventose e nette. In una zona illuminata dal Sole la temperatura può raggiungere i 150 gradi Celsius, mentre a pochi passi, nell'ombra, si precipita a -150 gradi.
È facile immaginare come la progettazione di qualsiasi struttura debba tenere conto di questi sbalzi estremi. Come se non bastasse, c'è il problema della polvere lunare, una regolite finissima e pervasiva che si attacca a tutto, penetrando in ogni meccanismo e ingranaggio. Questa polvere non solo è un incubo per la manutenzione delle attrezzature, come le ruote dei rover, ma rappresenta un serio rischio se portata all'interno dei moduli abitativi dagli astronauti di ritorno da un'escursione. Aggiungiamo una gravità pari a un sesto di quella terrestre, che costringe a reimparare a muoversi per non rischiare cadute continue, e il quadro delle difficoltà è completo.
È proprio per rispondere a queste incredibili sfide che l'Italia, attraverso la sua Agenzia Spaziale (Asi), ha deciso di scendere in campo, affidando a Thales Alenia Space la progettazione della prima casa destinata ad accogliere gli astronauti sul suolo lunare. L'azienda, eccellenza del nostro Paese, guiderà come prime contractor un progetto che vedrà la collaborazione anche di Altec e di altre realtà industriali italiane. L'obiettivo è definire nei prossimi due anni il design finale del Multi Purpose Habitat (MPH), un modulo abitativo presentato alla Nasa lo scorso anno e già approvato.
Questo avamposto umano sarà molto più di un semplice bivacco, infatti, si presenterà più similmente a un sofisticato camper lunare, lungo circa 4-5 metri e semovente, dotato di ruote e motori per spostarsi autonomamente sulla superficie. Al suo interno, gli astronauti troveranno uno spazio sicuro per riposare, comunicare con la Terra e con gli altri mezzi dispiegati sulla Luna, e probabilmente anche un'area dedicata alle prime attività scientifiche in loco.
Questa iniziativa pone l'Italia in prima fila nell'ambizioso programma americano Artemis, a cui hanno aderito 53 nazioni, con l'obiettivo di riportare l'essere umano sul nostro satellite, ma questa volta per restarci. Si tratta di un passo fondamentale per costruire in futuro basi stabili, laboratori e infrastrutture che potrebbero un giorno fungere da trampolino di lancio per missioni ancora più audaci. Il lancio del modulo italiano è previsto per il 2033, una data che tuttavia dovrà fare i conti con le attuali incertezze nel campo dei lanciatori spaziali, legate sia ai ritardi del vettore SLS della Nasa, sia alle difficoltà incontrate nei test del colossale razzo Starship di Elon Musk.