La ricerca scientifica è spesso una corsa per ricreare in laboratorio le condizioni più estreme dell'universo, un modo per studiare fenomeni che altrimenti potremmo solo osservare a miliardi di chilometri di distanza. Dalle temperature infernali necessarie per la fusione nucleare alle pressioni schiaccianti nei nuclei dei pianeti, padroneggiare queste forze è la chiave per sbloccare nuove frontiere tecnologiche. In questo scenario si inserisce un'importante novità proveniente dall'Università di Osaka, in Giappone, dove un gruppo di scienziati ha ideato un metodo che potrebbe permettere di generare campi magnetici di una potenza finora inimmaginabile in contesti così ridotti. Le potenziali applicazioni spaziano dalla scienza spaziale alla difesa, passando per uno degli obiettivi più ambiti: l'energia pulita da fusione.
Il team, guidato dal professor Masakatsu Murakami, ha battezzato la tecnica "implosione di microtubi lamellari" (BMI, dall'inglese bladed microtube implosion). Il concetto, attualmente basato su avanzatissime simulazioni al computer, è tanto elegante quanto potente. Il metodo prevede di colpire un minuscolo cilindro metallico cavo con impulsi laser ultra-intensi. La particolarità di questo cilindro risiede nella sua superficie interna, scolpita con delle micro-strutture simili a lame. Quando i laser colpiscono il bersaglio, il calore e la pressione fanno collassare (implodere) il cilindro su se stesso. Durante questo processo ad altissima velocità, le "lame" interne imprimono un movimento rotatorio al metallo vaporizzato, trasformato in plasma super-riscaldato. Questo vortice di plasma genera una potente corrente elettrica e, di conseguenza, un campo magnetico di un'intensità sbalorditiva, che secondo i calcoli può superare i 500,textkilotesla, un valore vicino al megatesla, tipico di alcuni oggetti stellari.
Ciò che rende questo approccio un potenziale punto di svolta è duplice. In primo luogo, a differenza dei metodi tradizionali che necessitano di un campo magnetico preesistente da comprimere e amplificare, la tecnica BMI lo genera da zero. È un circolo virtuoso auto-alimentato: il plasma che ruota crea il campo magnetico, il quale a sua volta costringe il plasma a ruotare ancora più velocemente e in modo più compatto, amplificando ulteriormente il campo stesso.
In secondo luogo, l'intero processo potrebbe essere realizzato in laboratori molto più piccoli e con attrezzature più compatte rispetto ai giganteschi impianti nazionali richiesti oggi per esperimenti simili. Questo potrebbe democratizzare l'accesso alla fisica degli estremi, permettendo a più centri di ricerca di contribuire.
È importante sottolineare che, al momento, questi risultati provengono da complesse simulazioni effettuate sul supercomputer SQUID dell'Università di Osaka. Tuttavia, i ricercatori sono ottimisti e ritengono che un esperimento reale per verificare la teoria sia realizzabile nel prossimo futuro con gli attuali sistemi laser.
Se i test pratici confermeranno le simulazioni, questa tecnologia potrebbe non solo accelerare la ricerca sull'energia da fusione, migliorando il controllo delle particelle ad alta energia, ma anche aprire una finestra sperimentale diretta sull'universo astrofisico, permettendoci di simulare qui sulla Terra le condizioni che si trovano attorno a stelle e getti cosmici.