I virus, si sa, hanno un potenziale omicida da non sottovalutare. Anche quelli informatici, per quanto possa suonare strano: ce lo testimoniano alcuni rapporti recenti sugli attacchi informatici ai danni delle strutture sanitarie, che peraltro in questo periodo sembrano essere sempre più frequenti (complice la digitalizzazione crescente dei sistemi).
Esiste un legame diretto tra “incidenti cyber” e morti documentate. Emblematico il caso avvenuto lo scorso giugno (2024) in Inghilterra, dove il National Health Service (NHS) è stato colpito duramente da un attacco ransomware.
”Duramente” nel senso che l’attacco ha purtroppo mietuto una vittima umana. “Purtroppo un paziente è morto improvvisamente durante l’attacco informatico. Come da prassi standard in questi casi, abbiamo effettuato un’analisi dettagliata delle sue cure”, ha dichiarato un portavoce del King’s College Hospital NHS Foundation Trust. E l’indagine effettuata ha confermato i sospetti: l’uomo è deceduto anche a causa della lunga attesa per i risultati di alcune analisi del sangue, evidentemente necessari per il prosieguo della terapia.
Come accennato, l’attacco è avvenuto la scorsa estate per mano del gruppo di criminalità informatica Qilin, con nel mirino il servizio di patologia Synnovis. Ne sono scaturite gravi interruzioni all’assistenza in numerosi ospedali del Servizio Sanitario Nazionale e presso fornitori di servizi sanitari a Londra.
Queste le parole di Mark Dollar, CEO di Synnovis:
Siamo profondamente addolorati nell’apprendere che l’attacco informatico criminale dell’anno scorso sia stato identificato come uno dei fattori che hanno contribuito alla morte di questo paziente. Siamo vicini alla famiglia coinvolta