Una microsfera lunare potrebbe svelare i misteri del nostro satellite

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HDblog.it May 15, 2025 · 2 mins read
Una microsfera lunare potrebbe svelare i misteri del nostro satellite
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Un piccolo granello di vetro, largo appena pochi millimetri, potrebbe diventare la chiave per decifrare la struttura nascosta della Luna. Scoperto tra i materiali riportati sulla Terra dalla missione cinese Chang’e-5 nel 2020, questo minuscolo reperto ha attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale per la sua composizione chimica insolita e per la storia geologica che custodisce.

Il campione proviene dall’Oceanus Procellarum, una vasta pianura basaltica situata sul lato visibile della Luna. Da questa zona, la sonda cinese ha raccolto circa 1,7 chilogrammi di rocce e polveri lunari. Tra questi, i ricercatori guidati da Chen-Long Ding dell’Università di Nanchino hanno individuato una microsfera vetrosa dalle caratteristiche uniche: una concentrazione elevata di ossido di magnesio, del tutto atipica rispetto alle rocce vulcaniche circostanti.

L’ipotesi più accreditata suggerisce che la sfera si sia formata in seguito a un impatto asteroidale estremamente violento, che avrebbe scavato fino al mantello superiore lunare e portato in superficie materiali solitamente inaccessibili. Questa dinamica avrebbe avuto luogo circa 68 milioni di anni fa, molto tempo dopo la formazione della Luna, che risale a circa 4,5 miliardi di anni fa. Alcuni scienziati ipotizzano che il cratere d’origine possa essere il bacino Imbrium, uno dei più grandi e antichi della Luna, formatosi quasi 4 miliardi di anni fa.

Secondo Tim Johnson, geologo presso la Curtin University in Australia e coautore dello studio, “questo è un passo importante per comprendere l’evoluzione interna della Luna. Se davvero questi frammenti provengono dal mantello, significa che gli impatti possono portare alla luce materiali altrimenti irraggiungibili”.

L’area in cui è atterrata Chang’e-5 è costellata da oltre 100.000 crateri con diametri superiori ai 100 metri, complicando ulteriormente la possibilità di associare con precisione ogni campione al suo punto d'origine. Tuttavia, le analisi di telerilevamento hanno evidenziato una corrispondenza chimica tra la microsfera e i minerali presenti ai margini del bacino Imbrium.

Questa scoperta si inserisce in una serie di risultati sorprendenti ottenuti grazie all’apertura, da parte della Cina, dell’accesso ai materiali della missione Chang’e-5. Dopo oltre quarant’anni dall’ultima missione di recupero lunare (Luna 24 dell’Unione Sovietica nel 1976), sette istituzioni scientifiche in sei Paesi — tra cui Francia, Germania, Stati Uniti, Giappone e Pakistan — stanno ora studiando porzioni di questi campioni.

Tra le scoperte già emerse, c’è anche la sorprendente età relativamente giovane di alcune rocce, che indicherebbero attività vulcanica lunare fino a 120 milioni di anni fa. Questo pone nuovi interrogativi su come si sia mantenuta attiva la geologia lunare, in assenza di acqua o elementi radioattivi in grado di generare calore interno. Il lavoro è stato pubblicato il 9 maggio sulla rivista Science Advances e rappresenta una nuova tappa nella cooperazione scientifica internazionale sul fronte dell’esplorazione lunare.