Ho realizzato che, tutte queste volte nelle ultime settimane in cui ho dovuto ahimè recarmi all’università di mattina (per ora poche; ed è sia un bene che un male, dati i miei assoluti motivi) per via degli esamini e le cose sconvenienti, succede qualcosa di molto buffo. Per l’ora che torno a casa, è quasi come se non fossi mai dovuta uscire per niente di casa a confrontarmi con le palle; semplicemente, la differenza è che in quel caso, anziché dormire fino alle 11, ho dovuto svegliarmi prima e fare l’avanti e indietro… però poi il mio popò di rotting da sveglia prima di pranzo riesco a farmelo. E quindi, anche se certamente rompo lo slancio del sonno tosto, almeno non piango. 🤯
Nonostante questo, però, devo confessare e riconfermare che le vibe non sono buone. Oh, io non pretendo che siano addirittura immacolate, ma quantomeno buone; manco quello mi è concesso. Non lo so, più passa il tempo e più andando all’università mi sento praticamente fuori posto. Vorrei a questo proposito magari dire “da non credere“, ma in realtà è abbastanza credibile… visto da un lato che OK, il periodo degli esami non è mai gioioso — pur ipoteticamente tralasciando le questioni di studio, perché l’atmosfera è comunque sempre definita da una strana mistura di ambienti praticamente fantasma ma un’aria pur sempre affollata e pesante; e ringraziamo il cielo che quantomeno d’estate c’è il bel tempo, che evita che l’umore cada addirittura fino a sotto i piedi — e dall’altro, più passa il tempo e meno riesco a fare e mantenere amicizie, quindi ops (ma non è colpa mia se sono finita all’unica facoltà di informatica al mondo senza frequentanti tecnoschizofrenici, e se io sono la persona instabilmente evanescente che sono). ☠️