Dopo circa 20 ore di negoziati intensi a Londra, Stati Uniti e Cina hanno annunciato di aver raggiunto un accordo quadro per rilanciare la fragile tregua commerciale siglata lo scorso mese a Ginevra e avviare l'allentamento reciproco delle restrizioni all’export, in particolare nel settore delle terre rare e delle tecnologie critiche. L'intesa, che ora dovrà essere sottoposta all'approvazione dei presidenti Donald Trump e Xi Jinping, rappresenta un tentativo di mantenere aperto il dialogo tra le due maggiori economie mondiali, in un contesto segnato da forti tensioni e sfiducia reciproca.
ACCORDO SU TERRE RARE E TECNOLOGIEIl segretario al Commercio statunitense, Howard Lutnick, ha descritto l'accordo come un primo passo verso una fase costruttiva nei rapporti commerciali: "Prima abbiamo dovuto rimuovere la negatività", ha dichiarato, "ora possiamo cercare di sviluppare un commercio positivo e in crescita". Secondo Lutnick, la Cina ha accettato di accelerare le spedizioni di terre rare fondamentali per l'industria automobilistica e della difesa statunitense, mentre Washington sarebbe pronta ad allentare alcune delle sue misure di controllo all'export. Tuttavia, i dettagli restano ancora scarsi e l'intero quadro dipende dalla ratifica dei due presidenti.
Anche il capo negoziatore cinese, il vice ministro del Commercio, Li Chenggang, ha confermato il raggiungimento di un'intesa di principio, definendo le trattative "approfondite e sincere". Il vicepremier He Lifeng ha poi auspicato che il meccanismo di dialogo commerciale venga rafforzato per migliorare il consenso, ridurre i malintesi e rafforzare la cooperazione.
Nonostante il tono più disteso, l'accordo non affronta alcuni dei principali motivi di attrito: il persistente surplus commerciale cinese, le accuse statunitensi di dumping e le riserve di Washington sull'uso strategico delle terre rare e delle tecnologie critiche. Secondo Lutnick, gli Stati Uniti rimuoveranno alcune misure imposte in risposta ai blocchi cinesi sulle terre rare, ma "in modo equilibrato", riprendendo le parole di Trump.
Le due delegazioni hanno ora circa 60 giorni per concretizzare un'intesa più ampia su pratiche commerciali sleali, capacità produttiva in eccesso e traffico di Fentanyl, quest'ultimo indicato dalla Casa Bianca come una delle principali priorità di negoziazione. Secondo Jamieson Greer, rappresentante commerciale statunitense, "ci aspettiamo progressi significativi dalla Cina" su questo fronte. Nessun altro incontro è attualmente previsto, ma i contatti tra le parti restano frequenti.
Se entro il 10 agosto non verrà raggiunto un accordo definitivo, i dazi commerciali torneranno ai livelli precedenti: dal 30% al 145% sul fronte statunitense e dal 10% al 125% su quello cinese. Il contenzioso ha già prodotto effetti rilevanti sul commercio bilaterale: secondo i dati doganali cinesi, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono crollate del 34,5% a maggio, il calo più netto dall'inizio della pandemia nel 2020.
Lo scontro tra Washington e Pechino ha messo in luce il crescente ruolo strategico dei controlli all'export nel conflitto economico globale. Le restrizioni imposte dagli Stati Uniti su software di progettazione di chip, motori a reazione e visti per studenti hanno generato dure reazioni da parte cinese, mentre l'uso da parte di Pechino delle terre rare come leva strategica ha sollevato allarmi anche in Europa e tra i principali costruttori di veicoli elettrici e jet militari.
Secondo Wendy Cutler, ex negoziatrice commerciale statunitense, la disponibilità di Washington a rivedere i suoi controlli all'export in questo contesto è "senza precedenti", ma riflette anche la fragilità dell'attuale equilibrio. "Ci sono voluti due giorni, tre membri del gabinetto USA e un vicepremier cinese per tornare a rispettare l'accordo di Ginevra", ha osservato, "e questo è solo un assaggio di ciò che ci aspetta nei prossimi due mesi".
La telefonata tra Donald Trump e Xi Jinping della scorsa settimana, la prima dall'insediamento dell'attuale presidente statunitense, ha dato l'impulso decisivo alla convocazione d'urgenza dei colloqui londinesi, che si sono svolti a Lancaster House, nei pressi di Buckingham Palace. I due leader sono ora chiamati a decidere se approvare o meno un'intesa che, pur offrendo margini di manovra nel breve termine, lascia intatti molti dei nodi più profondi della disputa.
Come ha osservato il professore Josef Gregory Mahoney dell'East China Normal University di Shanghai, "il problema centrale resta: chip contro terre rare. Tutto il resto è una danza decorativa".